Welfare

L’alternativa all’Iron Lady

di Flaviano Zandonai

C’è un punto di non ritorno nel bell’articolo di Barbara Spinelli pubblicato oggi su La Repubblica e che Riccardo Bonacina ci invitava a leggere per alimentare la fiammella dello spirito critico. Ho seguito il consiglio e ho letto il pezzo facendomi trascinare da una ricostruzione ricca di riferimenti storico culturali forti che guardano al welfare non nelle sue derive tecniciste, ma dentro un percorso di civilizzazione intrapreso da un continente uscito, appena sessant’anni fa, dalla peggiore barbarie. Poi, bruscamente, si passa da Foucault, Keynes, Beveridge a una battuta tagliente di Margaret Thatcher. “Non c’è alternativa”, affermava l’Iron Lady fresca di Oscar grazie a Maryl Streep, riferendosi alla necessità che il mercato s’imponesse come unico riferimento, anche in materia di protezione sociale. Un giudizio che in forma di profezia aleggia sinistro per tutto l’articolo. Questo è il punto di non ritorno, nel senso che, facendo pendolare il pensiero politico tra stato e mercato, non può che aspettarci la catastrofe. E invece, proprio negli anni del primo trionfo mercatista targato Thatcher / Reagan prendevano forma modalità e forme nuove di produzione sociale che si facevano carico di rinnovare il welfare. Certo molte di esse sono state fagocitate da una medesima logica di aziendalizzazione che ha monopolizzato sia il campo pubblico che privato. Però, nonostante difficoltà e scetticismi, una parte significativa non solo ha resistito ma si è sviluppata anche sul fronte dell’elaborazione culturale. Non è vero quindi che non c’è alternativa.

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