Welfare

On the road… again

di Flaviano Zandonai

Il chilometraggio dell’auto, i biglietti di treni e aerei ed anche i tratti a piedi possono costituire un bel set di indicatori per riconoscere un imprenditore sociale. Non è certo una persona che sta dietro la scrivania o asserragliato nel capannone. Preferisce una relazionalità di movimento e face to face, spesso oltre i confini della sua organizzazione. A volte anche esagerando: “Ma dove è finito?”, è una delle domande più ricorrenti in imprese sociali guidate da soggetti molto (forse troppo) impegnati a tessere reti. Pur con tutti i rischi del caso, si tratta comunque di un elemento identitario dell’imprenditore sociale che merita di essere approfondito e adeguatamente formato. Un fronte di azione molto importante riguarda la relazionalità ad ampio raggio, a livello internazionale. Oggi l’impresa sociale è un fenomeno globalizzato che merita di essere conosciuto, soprattutto da parte di chi amministra e gestisce queste imprese. Non solo per confronti di carattere generale (“cos’è per voi un’impresa sociale?”) ma soprattutto per avviare iniziative di business comune. Ci sono, a tal proposito, alcuni assi privilegiati: tra Italia e Polonia, ad esempio, sono attive sperimentazioni sostenute dalle risorse dei fondi strutturali. E ancora tra Italia e Regno Unito si stanno avviando interessanti joint ventures, tra le quali quella ormai famosa tra una charity inglese e il consorzio Abn di Perugia. Per non parlare poi delle collaborazioni ancora più estese, oltre i confini Europei: i progetti del gruppo cooperativo Cgm in Sudamerica, della cooperativa Il Giardinone in Africa e chissà quante altre attività piccole e grandi di business sociale. E’ interessante osservare che molte di queste iniziative sono finanziate di tasca propria, segno di una precisa volontà strategica ad allargare anche in senso spaziale la rete di collaborazioni. Non solo perché l’ha “ordinato il medico”, ovvero un ente finanziatore (tipicamente l’Unione Europea) che impone partenariati transnazionali, spesso ridotti a mere gite di piacere. Ben vengano quindi tutte quelle iniziative di “viaggi d’affari” organizzati per imprenditori sociali. Alla scoperta, sul campo, dell’innovazione. O anche semplicemente per diventare più consapevoli rispetto al valore reale delle proprie realizzazioni. Un bel bagno di realtà per imprenditori che, alle volte, pensano di inventarsi tutto per primi, dimenticando che l’emulazione, soprattutto se organizzata in una logica di rete, è un valore.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.