Nel numero di Vita in edicola c’è un articolo curioso e interessante. Alla fondazione don Gnocchi usano la console Wii della Nintendo non per i videogiochi, ma per fare riabilitazione (che funziona). E’ la concreta realizzazione di prefigurazioni formulate qualche tempo fa, ad esempio da Jaron Lanier nel suo fortunato “Tu non sei un gadget“. Mentre leggevo l’articolo pensavo a un amico di qualche tempo fa che manometteva la playstation per aumentarne le prestazioni. Forse c’è lui, o qualcuno come lui, dietro a questo adattamento della console Nintendo. E se così fosse, anche questa sarebbe la concreta realizzazione di prefigurazioni legate all’affermarsi di nuove tipologie di artigiani. I cosiddetti makers che qualche giorno fa hanno assunto gli onori delle cronache grazie a World Wide Rome, un importante evento nazionale dedicato proprio a loro. Molte le esperienze presentate, peraltro condite con una retorica che andrebbe anch’essa approfondita. Personalmente i makers, e in generale gli artigiani, che mi piacciono di più sono quelli che modificano strumenti e attrezzi per nuove forme d’uso, anche “craccandoli” andando quindi oltre le regole, oltre quanto scritto nel libretto d’istruzioni. Un’atto di libertà e di ribellione, come ben ricorda Alberto Cottica nella sua bella introduzione all’evento romano. Insomma più che makers sarebbe meglio chiamarli customers, artigiani che realizzano su misura, guardando alle esigenze degli utilizzatori e recuperando così una gloriosa tradizione del sistema economico e produttivo italiano. Ma per interpretare il mestiere artigiano in questo senso servono (almeno) due grandi capacità. La prima è saper essere utilizzatori degli oggetti che si vogliono modificare. Occorre insomma essere anche users: un pò come il mio amico che modificava la playstation giocandoci parecchio, oppure come certi meccanici che, appunto, customizzano auto e moto dopo averle guidate molto. La seconda condizione consiste nell’individuare, anche “leggendo” i bisogni del cliente, forme d’uso non incorporate nell’oggetto. In poche parole, avere il talento dell’imprenditore.
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