Non è proprio come per le quote rosa nelle liste elettorali, ma quasi. Il nuovo bando Miur che finanzia progetti di innovazione sociale nelle regioni del Nord Italia è infatti riservato “ai giovani residenti nel territorio nazionale di età non superiore a 30 anni di età”. Ho già assistito a un paio di scene di disperazione da parte di ex trentenni. Del resto c’è da capirli: in ballo ci sono 25 milioni di euro per finanziare progetti dal costo massimo di ben 1 milione. E così è partita la ricerca di persone col requisito anagrafico giusto e, c’è da augurarsi, con l’idea giusta, perché se è vero che i soldi sono molti è prevedibile che la concorrenza sarà feroce. Strano poi che in un bando come questo non siano esplicitamente valorizzate le reti e le piattaforme che possono favorire la collaborazione tra idee progettualli, in fase sia di elaborazione che di implementazione. Altri bandi avevavo puntato su questo fattore. Ricordo ad esempio le “sovvenzioni globali” per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate di qualche anno fa. L’intera linea di finanziamento era gestita dall’inizio (bandi) alla fine (valutazione) da organismi intermediari che agivano come strutture di implementazione tra la Pubblica Amministrazione e i beneficiari. Pur con qualche difficoltà in avvio, lo strumento aveva funzionato come dimostrano anche alcune indigini realizzate ex post. Ma evidentemente ai tecnici vecchi e nuovi che monopolizzano le politiche di sviluppo in questa fase storica le cose troppo complicate non vanno bene, anche se alla fine sono più efficaci. Un errore strategico ancor più grave considerando che l’ecosistema dell’innovazione sociale, anche in Italia, è già popolato di strutture di rete (fisiche e virtuali) che lavorano sull’innovazione collaborativa, come dimostra un bell’articolo apparso sull’inserto Nova de Il Sole 24 Ore. Infine un accenno alla parte del bando Miur dedicata a smart cities and communities. E’ la “ciccia” del bando, con progetti da minimo 12 a massimo 22 milioni di euro (peraltro non tutti a fondo perduto ma anche a finanziamento agevolato), partnership allargate, investimenti pesanti in ricerca e ICT. La gran parte dei temi individuati riguardano comunque l’impresa sociale, anche in senso stretto: inclusione, sanità, ambiente, scuola, ecc. Ce la farà quindi l’imprenditoria sociale nostrana a intercettare queste risorse o si dovrà rifugiare nella riserva indiana dell’innovazione sociale under 30? Allo stato attuale sarebbe un gran risultato se anche un solo maxi progetto venisse selezionato con un’impresa sociale in posizione di leadership. Staremo a vedere.
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