Non ci sono solo leader fondatori, imprenditori di successo e intellettuali di grido nel pantheon dell’impresa sociale. C’è anche lui, MacGyver, il protagonista di una serie tv di buon successo andata in onda tra la seconda metà degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. E’ la terza volta che lo sento esplicitamente citare da imprenditori sociali come riferimento non tanto culturale, ma come chiave di volta per spiegare la genesi dei loro progetti e iniziative. La prima volta è stato in occasione di una presentazione fatta da cooperatori sociali di fronte ad alcuni business angels intenzionati a finanziare una rete di negozi di riparazioni sartoriali e d’altro nel biellese. La seconda durante un’altra presentazione effettuata sempre da una cooperativa sociale – Alpi – che ha vinto il primo premio della competizione “a new social wave” con un progetto di rigenerazione e rivendita di ausili sanitari. La terza, meno diretta, durante un corso di formazione con illustrazione di un caso emergente di social business legato all’avvio di un maglificio come attività di inserimento lavorativo.
Anche per chi si è perso la serie (perchè troppo giovane o troppo intellettuale radical) emerge abbastanza chiaramente da questi esempi cosa faceva MacGyver: riusciva a cavarsela nelle situazioni più difficili costruendo strumenti a partire dai materiali diversi e che in apparenza centravano poco o nulla l’uno con l’altro. Un misto di aggiustatutto e sopravvivenza. Certo, come mi facevano notare, con qualche esplosione di troppo, ma non era certo Rambo. Traslato all’impresa sociale MacGyver fa riferimento a tutte quelle persone che sono in grado, per competenza e fantasia, di combinare risorse diversissime per generare prodotti innovativi. E’ interessante notare come spesso queste persone, pur essendo coinvolte nell’organizzazione, occupano una posizione marginale: sono volontari non a tempo pieno, non sono soci, non stanno in consiglio di amministrazione, l’attività che svolgono non è centrale, cioè non è quella che genera il grosso delle economie e dell’occupazione.
Eppure, forse proprio grazie alla loro posizione periferica, hanno la possibilità di dar vita a innovazioni embrionali che incorporano meglio di molte altre attività standard elementi di valore sociale. Senza il loro Macgyver non ci sarebbero gli ausili sanitari rimessi a nuovo, i maglioni solidali, i negozi di prossimità. Dunque un plauso alle imprese sociali che li hanno individuati e coinvolti. Ma anche una critica a queste stesse imprese perché molto spesso si tratta di un’innovazione “dormiente”: i MacGyver svolgono infatti da anni la loro encomiabile attività di bricoleur dell’innovazione sociale, ma nessuno che abbia pensato, almeno finora, di scalare la loro attività trasformandola in una nuova impresa o in un ramo d’azienda. Forse ci penserà la crisi che lima sempre più le marginalità dei core business a indurre le imprese sociali a valorizzare un potenziale di sviluppo che un po’ distrattamente stanno allevando al loro interno.
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