Libri di testo: una tassa occulta

di Marco Dotti

Paghiamo 800 milioni di euro all’impero di 5 editori. Titola così un articolo di Thomas Mackinson, pubblicato sul “Fatto quotidiano” di oggi (11 febbraio 2013). Mackinson ci ricorda che nella variegata e spesso pittoresca discussione sul mondo della scuola c’è un grande assente: il libro di testo. 

Il punto chiave della questione è un emendamento del 6 dicembre scorso al Ddl “Sviluppo”, passato quasi sotto silenzio, che ha di fatto rinviato di un anno il cosiddetto switch off, ovvero il passaggio da un sistema interamente improntato sull’editoria cartacea, a un sistema misto che renda più facili e meno onerosi per le famiglie – ma anche meno redditizi per certi gruppi editoriali – i famigerati “aggiornamenti”.  Sul rinvio pesa però una  certezza: non sarà così facile evitare ulteriori slittamenti e, soprattutto, l’emendamento – passato, presente e futuro – è sempre dietro l’angolo.

A fronte delle 50 mila le lavagne interattive distribuite negli istituti italiani, scarseggiano i programmi per usarle al meglio. Mackinson individua il nodo del problema in una politica che tende a favorire Mondadori, Rcs, Pearson-Parvia, Zanichelli e De Agostini, gruppi capaci di accaparrarsi il 70 per cento del mercato. Un mercato da 800 milioni di euro che poggia interamente sulle spalle delle famiglie costrette a  pagare una “gabella” di cui poco o nulla si parla. 

 

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