Politica

Berlusconi: più lo butti giù più si tira su

di Riccardo Bonacina

Il vento non è cambiato affatto, continua a spirare contro l’opposizione e il suo principale partito il Pd che scende a quota 27% (bei tempi quelli di Veltroni con il Pd al 34%).

Ovviamente, si può continuare a far finta di niente girando la testa dall’altra parte, come fanno alcuni quotidiani, La Repubblica e L’Unità in testa. Repubblica evita perfino di nominare, nel sommario di prima pagina le Regioni che il Pdl ha tolto al centro sinistra al Sud per poter intonare il suo nuovo mantra “Berlusconi ostaggio di Bossi”, L’Unità, come se avesse chiuso in tipografia nel pomeriggio di ieri, dedica la prima pagina solo all’astensionismo che cresce come se le scelte del 65% che ha votato fossero ancora ignote.

Le verità di questa tornata elettorale sono in realtà semplici e del tutto evidenti.Malgrado un anno intero di attacchi senza soluzione di continuità a Berlusconi, nell’ordine (e dimenticando qualcosa): il caso Noemi, il caso Mills, il caso D’Addario ed escort, le accuse del pentito di mafia Spatuzza e quelle del figlio di Ciancimino, il caso Protezione civile, le intercettazioni delle telefonate del premier al commissario dell’Agcom Innocenzi, il caso liste bloccate. Eventi che avrebbero azzoppato anche un toro. Ebbene, dopo un anno così, e in una tornata elettorale di middle term che penalizza sempre chi governa (vedasi il caso Francia), il centrodestra che partiva da 2 Regioni a 11, si porta a casa 6 Regioni strappandone 4 al centrosinistra e lasciandogliene 7.

Per stare al ruolo del premier, se è vero che il Pdl scende al 31%, bisogna pur riconoscere che senza lui in campo sarebbe andata peggio. Berlusconi ha avuto un ruolo nell’evitare la débâcle. E l’ha fatto rischiando, aggredendo i candidati del centrosinistra a cominciare dalla Bresso, chiamando l’ennesimo referendum sulla sua persona. Il peso e le richieste della Lega crescono, il baricentro del Pdl si sposta sempre più a Sud. Ma, come scrive oggi Cazzulo su Il Corriere: « il fatto che, mentre quasi l’intero ceto politico si accapigliava in tv, lui stesse scherzando a Palazzo con una scolaresca americana – «you are so beautiful…» – ha per gli avversari il sapore di una beffa».

I problemi del Pdl non sono certo risolti. Resta il fatto che in Piemonte è il primo partito, in Lombardia il sorpasso della Lega c’è stato; ma sul Pd. Il partito del premier è avanti anche nelle «rosse» Marche e Umbria e vince nei comuni di residenza di Bersani e Di Pietro, così come in Provincia dell’Aquila dove la Pezzopane se ne va a casa con la foto ricordo di George Clooney che si piega per abbracciarla. Le vittorie in Campania e Calabria sono più ampie del previsto. Ma il risultato più significativo per Berlusconi è quello del Lazio. La candidatura della Polverini — affossata dal pasticciaccio della lista Pdl sparita — è stata adottata da Berlusconi, che se l’è tenuta al fianco sul palco di San Giovanni e ha tappezzato Roma con la scritta «Berlusconi vota Polverini». Insomma, con il concorso essenziale della Lega, l’annunciata fine del berlusconismo è di là da venire.

Il Pd e il centro sinistra possono ora fare come se nulla fosse successo o come se “bhe, non è poi andata tanto male”, oppure archiviare definitivamente un’esperienza e una classe dirigente che ha consumato nelle esperienze di governo tutta la superiorità morale che l’opposizione esibiva e che ha continuato da esibire (Bassolino, Marrazzo, Del Bono, Loriero, ect), per provare a intercettare i sogni e i bisogni degli italiani, stando in mezzo a loro e non più nei salotti.

Tra le forze di opposione crescono solo le liste di Di Pietro e Grillo — la sorpresa delle regionali: decisivo nel far perdere la Bresso in Piemonte, e che totalizza oltre il 7% nella Bologna dello scandalo Del Bono, e oltre il 25% in Val di Susa. In Puglia vince il modello Vendola. Insomma, tutte esperienze che nulla hanno a che fare con la tradizione politica dei Ds e della Margherita, con la tradizione dei cattolici democratici e del partito comunista che paiono definitivamente archiviati.

Perciò, bisogna che in questi tre anni di legislatura l’opposizione decida presto quale sia il punto di una possibile ripartenza, se possibile senza aiutini della magistratura.

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