Roma e Atene ultime in cultura. Titolavano così i giornali, lo scorso 6 aprile. Un titolo che – voluto o meno – mette paura, evoca quegli strani salti che talvolta la storia compie. Dopo una lunga rincorsa, beninteso. Ma della rincorsa nessuno parla, del salto invece…
A parlare ora sono comunque i dati dell’ultimo studio di Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea. I dati li potete leggere → QUI.
I dati fotografano una situazione da anno zero: l’Italia è all’ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1% a fronte del 2,2% dell’Ue a 27) e al penultimo posto, seguita solo dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l’8,5% a fronte del 10,9% dell’Ue a 27).
Già la parola “spesa” è fuorviante: allude a orizzonti di sprechi, sperperi e tagli. Prendiamola per quello che è, ma se vogliamo andare oltre il linguaggio freddo degli statistici potremmo cambiarla con un più coerente “investimento (in cultura)” (ma su questo ragioneremo in un prossimo post).
In termini più chiari, però, secondo Eurostat, pur avendo la percentuale più alta di spesa per i servizi pubblici generali (che comprendono gli interessi sul debito pubblico) con il 17,3% a fronte del 13,5% medio dell’Ue, il nostro Paese spende il 3% della sua spesa pubblica per la difesa (in linea con l’Ue a 27) e il 4% per l’ordine pubblico (3,9% la media europea). Per la sanità pubblica il nostro Paese spende leggermente meno della media Ue a 27 (il 14,7% contro il 14,9%).
La spesa pubblica complessiva nel 2011 è stata pari al 49,1% del Pil. Tra il 2010 e il 2011 la spesa è diminuita per tutte le voci salvo quella dei servizi pubblici generali cresciuti di molto a causa del peso degli interessi. Nel complesso protezione sociale e sanità concentrano quasi il 55% del totale della spesa pubblica. In rapporto al Pil la spesa per sanità e protezione sociale è rimasta stabile al 25% dal 2002 al 2008 per poi saltare al 27,6% nel 2009 (a causa del calo del reddito). Nel 2011 era al 26,9% in calo rispetto al 27,4% del 2010. La percentuale del Pil riservata alla spesa per sanità e protezione sociale è passata dal 23,9% del 2002 al 29,9% con un aumento di quattro punti percentuali. La percentuale è inferiore alla Francia (32,2%) ma superiore alla Germania (26,6%).
Nel 2011 – periodo a cui si riferiscono le comparazioni – per la sola protezione sociale l’Italia ha comunque speso il 20,5% del Pil (19,6% la media Ue a 27, il 20,2% l’Ue a 17) pari a 5.322 euro per abitante. In Danimarca per la protezione sociale si spende il 25,2% del Pil, ovvero 10.892 euro per abitante. In Germania, sempre per la protezione sociale, si spende il 19,6% del Pil, pari a 6.215 euro per abitante. In Francia si spende il 23,9% del PIl con 7.306 euro per abitante.
Guardando i soli dati della voce “cultura”, l’Italia con il suo 1,1% di spesa pubblica è superata dalla Grecia (1,2%) e da tutti gli altri Paesi dell’Ue a 27 con la Germania all’1,8%, la Francia al 2,5% e il Regno Unito al 2,1%. Un bel risultato, non c’è che dire.
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