«Resistere non serve a nulla, il sangue dei vecchi non lo vuole nessuno». Così, con sarcasmo, scrive Walter Siti nel suo ultimo romanzo, recentissimo vincitore del Premio Strega.
Resistere è stata la parola chiave di questi anni. Una parola svuotata, inaridita da un abuso di retorica di cui ora tutti pagheremo il conto. A parole, hanno resistito tutti: comici, conduttori tv, politici e antipolitici. A colpi di “No Pasaran”, va detto che invece è passato di tutto. Ecco allora che a forza di “resistere” – di resistere così, canticchiando “Bella Ciao” in prima serata – si invecchia e – su questo non possiamo dar torto a Siti – il sangue di chi invecchia così, a colpi di vuoto e parole, non serve proprio a nessuno.
Cambiamo parola d’ordine, scegliamone una nuova, anzi due: #attivarsi, #insistere. Sulla prima si è già soffermato Riccardo Bonacina, nel suo editoriale (→QUI). Sulla seconda, due parole dovremmo pure spenderle. Perché insistere? Su cosa? Guy Debord, nei suoi Commentari sulla società dello spettacolo scriveva che lo spettacolo totale di cui siamo al tempo stesso vittime e complici ogni mattina si rifà iltrucco. Un bel “reset” e via, lo spettacolo di oggi cancella lo spettacolo del giorno prima e così finché si invecchia. Insomma, per capirci: nemmeno di ciò che collettivamente ci interessa, commuove o ci tocca abbiamo memoria. Fate un esperimento mentale, pensate a qualcosa che vi ha scossi. Io sto pensando alla bomba esplosa in una scuola a Brindisi, nel maggio del 2012, o alle operaie morte a Barletta, per il crollo del capannone in cui lavoravano. Me penso anche a un fatto recente: il ragazzo, che solo una settimana fa, si è tolto la vita a Ischia, per i debiti di gioco. Già dimenticato tuto? Già sopraffatti da altri eventi, da altre emozioni, da altre passioni tristi? Già tempo di vacanze? Per voi, forse.
No, resistere così non serve a nulla. Dobbiamo #attivarci, senza deleghe, soprattutto qui, nello spazio che con troppa ingenuità abbiamo “esternalizzato”: la memoria. Dobbiamo# insistere, soprattutto ora, per rendere quella memoria una forza attiva. Per muoverci, non solo per commuoverci.
PS: A chi accusava la storia di essere un orpello inutile, per inutili eruditi, un grande storico – Etienne Gilson – rispondeva: «non è per sbarazzarcene che studiamo la storia. (…) Al contrario, è per fare in modo che quanto non sarebbe nemmeno più passato senza di essa, rinasca all’esistenza in quell’unico presente fuori dal quale nulla esiste». Su questo “unico presente” dobbiamo #insistere.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.