C’è una lotteria per tutto. C’è una lotteria per tutti, anche per i ciechi. L’ Organización Nacional de Ciegos Españoles (ONCE), fondata nel 1938, campa da sempre così, di lotterie. E non è la sola. Mazzini finanziava le proprie campagne con lotterie in casa Raffi, il primo, traballante sistema ospedaliero dell’Italia unita fu realizzato a colpi di lotto, come i ponti sulla Senna e sul Tamigi, d’altronde…
La prima lotteria la ONCE la organizzò l’8 marzo 1939, su base provinciale. Nulla di strano, se si pensa a quanto avvenuto in Francia con quella per “Les Gueules Cassées”, i feriti della Prima Guerra mondiale. A coniare questo termine – letteralmente: – fu il Colonnello Picot, primo presidente Union des Blessés de la Face et de la Tête, che non godendo di sovvenzioni pubbliche nel 1931 riuscì a organizzare una lotteria nazionale di finanziamento, la “Dette”, sotto l’egida delle autorità di Stato. Anche a Milano era facile imbattersi in un’edicola dove un non vedente vi proponeva un biglietto della lotteria. L’estrazione era sempre di là da venire e spesso quel biglietto, una volta acquistato, te lo dimenticavi in un cassetto.
Niente di strano, in un contesto di welfare nascente, dove le lotterie assomigliavano alle vecchie tombole per scopi benefici. Chi non ne ha fatte? Ma cambiato il contesto – dal welfare nascente, siamo passati allo stadio terminale, ahinoi! – anche scopi e mezzi cambiano. E, soprattutto, cambia il tempo. In un tempo «desequenzializzato» – parola da sociologi, lo so -, «fuori di sesto» – qui è Shakespeare, Amleto, e ci piace di più – le lotterie hanno invaso il tempo, i fini sopraffatto gli scopi. E anche le lotterie benefiche rischiano di diventate mezzi certi, per scopi assolutamente incerti. È davvero così? E le tasse di scopo? E la richiesta dei sindaci, relativamente alla tassazione dell’azzardo, di “lasciare più soldi” sul territorio per finanziare i servizi sociali? E l’ipotesi di nuove aperture di casinò provinciali per finanziare le “smart cities” del nord? Discutiamone…
Mi sono sempre chiesto dove andavano a finire i premi non riscossi. Ma interessavano davvero a qualcuno, poi, quei premi?
Di una cosa sono certo: i biglietti si acquistavano per partecipare, non per vincere. Oggi al massimo si spera di vincere, per illudersi di partecipare…
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