«Io sono un uomo potente, li ho tarati sulla potenza». Parla di obiettivi, Enrico Letta, e parlando di obiettivi parla anche di sé, ma c’è poco da sorridere. Letta non ha quello humour che, solo pochi mesi fa, i giornali mainstream gli riconoscevano. Senza humour, però, come diceva il buon Giorgio Gaber, si rischia di essere ridicoli. E così, durante la conferenza di ieri, illustrando il piano “Impegno Italia“(→Impegno Italia), il Presidente del Consiglio non esita a sfiorare il ridicolo, autodefinendosi «zen», per la capacità di lasciarsi scivolare addosso critiche e giudizi. Ma noi, che non siamo né potenti, né zen quegli obiettivi “potenti” vorremmo giudicarli nei fatti. «Offro questo programma ai cittadini», osserva lo scaltro Letta, ribadendo poi che «qui dentro c’è una visione di cambiamento che ritengo essenziale». Vediamo e prendiamolo sul serio.
A proposito del «lavoro sul programma del nuovo governo che dovremo formare», Enrico Letta parla di «tentativo di fare del nostro welfare qualcosa che si occupi dei nuovi bisogni e lo faccia in forme impegnative». Vediamo dunque nel concreto che cosa prevede il detto e che cosa implica il non detto del punto 11 di “Impegno Italia”, dedicato all’azzardo patologico (conseguenza diretta dell’azzardo legale e illegale, senza differenza alcuna).
Nel punto 11 (pagina 18) del documento di Letta, si legge il preciso impegno a impegnarsi nella lotta al gioco d’azzardo patologico.
Ecco il punto:
«Quattro italiani su dieci giocano d’azzardo e il fenomeno è in progressivo aumento. In media il 10% di questi giocatori è a rischio dipendenza, con conseguenze drammatiche.
Ecco l’impegno di Letta:
«- dare piena attuazione al Piano di azione nazionale contro il gioco d’azzardo patologico (Gap);
– rivedere la tassazione del gioco d’azzardo anche alla luce dei lavori del tavolo interministeriale e delle indicazioni derivanti dall’ordine del giorno in materia già discusso e votato dal Parlamento;
– rafforzare le attività di monitoraggio del fenomeno»
Ecco i responsabili dell’impegno preso da Letta, secondo Letta:
«- Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministro per gli Af-fari Territoriali, le Autonomie e lo Sport, Ministero della Salute».
Sui tempi, Letta parla di «entro l’anno».
Che cosa non va, nella strategia Letta? E perché, a fronte di qualcosa che sembra una mera dichiarazione di intenti – una delle tante – si può parlare di strategia?
Dinanzi alla protesta crescente dei cittadini, dinanzi all’impegno delle Regioni e degli enti territoriali e locali, dinanzi a una presa di consapevolezza sempre più diffusa che vede nell’azzardo legale, con le sue ricadute sulla vita di tutti e non solo su quella dei “malati”, Letta usa la tecnica nota del “rilanciare la palla”. E la rilancia in una zona “marginale”, da tutti visibile, quella del “gioco d’azzardo patologico”, ma che, a conti fatti, riguarda non i quattro italiani su dieci che giocano d’azzardo richiamati dal documento, ma molti meno. In sostanza, si limita il discorso a quegli 800mila o più “malati” conclamati. Per affrontare un problema culturale, etico, educativo, civile sociale, antropologico (soprattutto) Enrico Letta sceglie di delegare alla “ragione clinica” la risposta. Una risposta che, poche ore prima, (→ la cronaca), un sottosegretario del governo Letta, ribattendo picche alla questione posta in Commissione finanze dagli onorevoli Bobba e Causi sulla tassazione dell’azzardo legale,era stata invece declinata con richiami alla “ragione fiscale”.
Il sottosegretario Baretta, adducendo ragioni di tenuta erariale (in sostanza, la vecchia e sempre utile Ragion di Stato declinata in salsa contabile), aveva comunque detto che quello sull’azzardo legale è «un dibattito politico e, non esito a dire, etico, complesso e controverso, che non può essere ignorato».
Che cosa significa secondo il governo Letta che quello sull’azzardo legale (legal gambling lo chiamano gli inglesi) non può essere ignorato?
Significa che, proprio perché non può essere ignorato, deve essere circoscritto.
Ecco dunque delinearsi la strategia-Letta:
1) Restringere il più possibile il dibattito, riportandolo negli argini che, dal 2003 a oggi, hanno consentito al fenomeno di proliferare pressoché indisturbato e con disvalori evidenti;
1.1) Limitare le richieste adducendo ragioni di tenuta fiscale (questo sul piano macro): i conti contano più degli uomini.
1.2) Tecnicizzare la questione chiamando in causa la ragione clinica, reperendo fondi che verranno destinati presumibilmente alle aziende sanitarie e verranno usati per convegni e inutili volantini informativi.
1.3) Disinnescare le attività sul territorio, lasciando soli i cittadini e le associazioni che lavorano in vario modo -dai comitati civici ai gruppi di autoaiuto – sul problema. I sindaci e le regioni si vedranno presto proporre – e qui si capisce la competenza che, al punto 11 di Impegno Italia, Letta dichiara in capo al Ministero per gli Affari Regionali – un modello di tassazione sul modello Spagnolo, che lasci parte del ricavato fiscale sul territorio degli ottomila e passa comuni italiani. I loro bilanci già in crisi si legheranno sempre più al comparto dell’azzardo legale, creando – oltre al nodo erariale – ottomila e passa circoli viziosi.
1.4) Convertire il virtuosismo delle azioni civiche in lotte contro i mulini a vento.
Riassumiamo: all’azzardo legale e azzardo fiscale sembrano andare di pari passo, alimentando una logica del discorso che li tuteli: logica tutta interna al campo clinico-sanitario, legata a una nozione molto ristretta e persino economicista di “cura”.
Sembra che uomini e donne del governo abbiano hanno sposato in pieno il piano dei lobbysti sull’azzardo. Che piano? Semplice: sui media sparare a zero contro “lo Stato ladro”. Nelle sedi istituzionali opporre la Ragion di Stato nella forma del danno all’erario (“se alziamo le tasse sull’azzardo le conseguenze sulle fjnanze saranno drammatiche”). Sul piano pratico: finanziare a pioggia le aziende sanitarie, per la cura delle “patologie” (questi soldi però finiranno in convegni). Sul terreno sociale: alimentare – finché regge – la retorica della legalità e “legare” le mani ai sindaci proponendo il modello spagnolo: parte delle tasse sull’azzardo restano ai comuni stessi.
«Io sono un uomo potente, li ho tarati sulla potenza», diceva Letta introducendo il suo Programma. Evidentemente non parla a vanvera. Almeno in questo caso.
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