«Sono convinto che il giorno più importante nella “battaglia per l’acqua” sia il giorno dopo il referendum, poiché la vittoria del sì, è solo l’inizio del processo. Dobbiamo avere il coraggio di dire che la gestione pubblica (lasciare cioè le cose come stanno) non è la soluzione, ma è il problema da risolvere. Dovremo subito dar vita a queste nuove imprese sociali, cercare insieme la soluzione al problema che non può essere conservare lo status quo, ma lpromuovere una maggiore creatività e fantasia politica, economica, civile». Inizia così il bell’editoriale di Luigino Bruni sul numero di Vita in edicola da venerdì e di cui consiglio la lettura.Ha ragionissimo, Bruni: la vera sfida è adesso. La travolgente vittoria dei sì ai referendum, ed in particolare quello che ha abrogato due passaggi di una cattiva legge sull’acqua e sui servizi pubblici, può aprire due scenari diversi.
Il primo è questo. Il predominio della disillusione rispetto il disfacimento di una rivoluzione liberale promessa e mai attuata (si pensi al nulla di questo Governo riguardo al non profit) e della paura rispetto alle risposte ai bisogni più elementari (casa, salute, lavoro e cura messi a rischio dalla crisi economica e dai tagli al welfare) può portare ad adagiarsi nella richiesta di uno statalismo di ritorno. Può indurre alla tentazione della vecchia delega (i cui disastri già abbiamo conosciuto) al “pubblico”», cioè alla politica, nella convinzione che solo lei può rispondere a tutti i bisogni dei cittadini attraverso la gestione dei servizi, dall’acqua all’educazione e alla cura. Sarebbe questa una strada che abbiamo già percosro e che ha prodotto deficit insostenibili nei bilanci pubblici (l’Italia ha il terzo deficit pubblico al mondo!), inefficienze e rendite di posizione per il sottobosco della politica e relativa corruzione.
Il secondo scenario, invece, può prevedere che proprio le organizzazioni sociali riunite nel Forum dell’acqua e che hanno chisto e voluto l’abrogazione di alcuni articoli di una cattiva legge, aprano e inaugurino un vero dibattito sulla possibilità e l’urgenza di una nuova e necessaria alleanza o patto tra mercato, pubblico e società civile: il pubblico è un partner alla pari con imprenditori e comunità. Magari ragionando su governance plurali, con più soggetti coinvolti nelle decisioni, e con profondi legami con le comunità locali interessate alla gestione dell’acqua. Insomma, un dibattito vero su cosa siano e come si governano le imprese di comunità impegnate nella gestione di beni pubblici, cioè di beni che è prioritario dare a tutti e nel modo più efficente possibile. La vittoria dei sì ai referendum sarà occasione per questo dibattito tra le organizzazioni della società civile e tra gli imprenditori sociali, oppure dopo i brindisi delegheremo una volta di più la gestione delle istanze giuste espresse nel voto ai Bersani di turno?
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