Oggi Il Corriere della sera con un errore madornale, scegli come apertura di prima pagina questa foto con questa didascalia: “Genova, via Fereggiano: un vigile del fuoco sta portando in salvo un passeggero dell’auto semisommersa dall’acqua del torrente esondato”. Si tratta di una topica colossale, quella foto, che qui riproduciamo, è vecchia almeno di una settimana. È stata postata su Facebook il 29 ottobre scorso come segno di solidarietà e di dolore per la morte di Sandro Usai, il volontario di Monterosso morto mentre salvava dei turisti. Dal 29 ottobre questa foto è stata condivisa da circa 60mila utenti di FB e altri 15mila hanno espresso il loro “Mi piace”.Insomma, un errore incredibile che può far da simbolo alla crisi di credibilità e di serietà dell’informazione nel nostro Paese. Non solo, immagino sia esperienza anche vostra, è difficile trovare parole e ragionamenti non banali e che aiutino a capire, ma sempre più spesso troviamo informazioni a caso, non controllate, all’insegna del chi arriva prima e chi la spara più grossa. Una volta di più, anche di fronte a una catastrofe e al dolore nulla più che banalità e polemiche.
Carlo Gubitosa, un collega che stimo, scrive su Facebook questa mattina: “Oggi i giornali dicono che la tragedia poteva essere prevista, e mi domando se avremmo potuto prevederla anche noi giornalisti facendo inchieste come si deve dopo l’alluvione di Roma, anziche’ continuare a rovistare nelle lenzuola di Berlusconi dove ormai non c’e’ piu’ nulla di nuovo e di utile da scoprire. Io mi assumo la mia parte di responsabilita’ sociale, che altri si assumano la loro in funzione del loro potere di agenda, della loro visibilita’ e delle risorse a loro disposizione”. Come dargli torto
Viviamo in un mondo elettrico dove le risposte precedono le domande e questo è davvero un gran casino perchè ci espropria di un pezzo di vita e di pensiero. Dobbiamo tornare alle domande fondamentali. Forse è per questo che ieri, con una stretta al cuore per quanto accadeva a Genova, città che amo, ho preferito andare a riascoltare Paolo Conte con il Genova per noi, o rileggere “Litania”, la bella poesia di Giorgio Caproni su Genova, per ritrovare sentimenti autentici, domande fondamentali. Ieri sera poi, in cerca di ulteriori parole e pensieri ho ritrovato da un messaggio di un amico questo brano di Primo Levi: “Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono. Questa sconfinata regione, la regione del rusco, del boulot, del job, insomma del lavoro quotidiano, è meno nota dell’Antartide, e per un triste e misterioso fenomeno avviene che ne parlano di più e con più clamore, proprio coloro che meno l’hanno percorsa”. (La chiave a stella, Einaudi, Torino 1978.) Ecco come non dare ragione a Primo levi sull’abbandono di questa enorme regione, quella del lavoro quotidiano. Abbandono che chiama in causa tutti noi.
E poi ho preso in mano un libro che avevo acquistato in un recente viaggio a Siena che raccoglie le lettere di Santa Caterina ai potenti, si intola, prendendo una frase di una lettera di questa grandissima ragazza, La citta’ prestata. Ecco, questo mi sembra il commento definitivo su cio’ che sta accadendo in Liguria. Se tutti, amministratori e cittadini avessero questa coscienza…
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