Contemplando un busto di marmo di Apollo, esposto nelle sale del Louvre, a Rainer Maria Rilke parve di sentire una voce: Du mußt dein Leben ändern, «devi cambiare la tua vita».
Quasi un imperativo etico che nel 1908 Rilke tradusse nei versi di apertura della seconda parte delle sue Nuove poesie: «il suo torso arde ancora (…) / non vi è punto, qui, che non ti veda. Devi cambiare la tua vita».
Ma che cosa significa cambiare la propria vita? La psicoanalista francese Françoise Dolto, allieva di Lacan e celebre per i suoi studi sull’infanzia, declinava in maniera del tutto particolare questa esortazione. Per cambiare vita è necessario convertire i bisogni in desideri. La ferita sul costato di Cristo – che la Dolto chiama “maestro del desiderio” – apre a un bisogno o, appunto, a un desiderio? Domanda cruciale, forse. Convertire i bisogni in desideri.. ma come? Non con una prova di forza, afferma la Dolto, ma passando attraverso ciò che di più fragile e debole conosciamo: l’esperienza quotidiana segnata dalla morte. Una morte che sperimentiamo ogni giorno. Ma, anche qui, di quale morte parliamo? Scrive la Dolto: «Siamo esseri che scoprono, un giorno dopo l’altro, la propria impotenza. Un’impotenza che è sempre una morte per il nostro desiderio che vorrebbe essere onnipotente». Ma è proprio in questa scoperta della debolezza – e solo lì – che il desiderio rinasce.
Questa non-onnipotenza del desiderio, questa sua tensione fragile, è incarnata in Cristo che – conclude la Dolto – «risuscitato ci insegna che se cerchiamo in spirito e in verità, affrontando il dubbio e la sua prova, se superiamo la carne senza bandire i piaceri condivisi, senza fare l’economia dei rischi per il nostro corpo, oltre la morte troveremo la pienezza del nostro desiderio».
Cambiare la propria vita potrebbe così significare aprirsi al rischio, senza farne economia o piegarlo all’utile.
Il bisogno ci fa arrestare su una soglia (andare avanti sarebbe solo compulsione, dipendenza, illusione). Ma il desiderio? Il desiderio ci spinge là dove le cose si fermano, dove anche l’uomo si ferma. Il desiderio ci trascina oltre. Allora, scrive Françoise Dolto con toni che ricordano Pascal, «o è il nonsenso, l’assurdo oppure è il senso che continua a interrogarci nel più profondo di noi stessi fin nel nostro inconoscibile; e questo, per me, è il campo di Dio».
Il campo di Dio… La Dolto non ci chiede di credere o non credere, ma di riconoscere il cuore della scommessa e della sfida: che tutto abbia o non abbia senso, noi dobbiamo farci interrogare dal non senso come dal senso. Accogliere questa sfida, anziché incasellarla nella partita doppia della ragione senza fede o della fede senza ragione, sarebbe già un primo passo per “cambiare la nostra vita”.
Riferimenti
Françoise Dolto (dialoghi con Gérard Sévérin), I Vangeli alla luce della psicoanalisi. La liberazione del desiderio, et al edizioni, Milano 2012.
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