Forse pochi ricordano, ma il Muro di Berlino che proprio 25 anni fa veniva abbattuto, aveva anche un altro nome, meno generico e più chiaro: antifaschistischer Schutzwall, ovvero “muro di contenimento antifascista”.
E siccome dietro le parole c’è sempre la responsabilità di qualcuno, ricordiamo che a coniare l’espressione, nel 1961, l’espressione fu Horst Sindermann, che qui sotto vedete in una fotografia risalente al 14 1984, ricevuto dall’allora presidente della Camera dei Deputati Nilde Iotti.
Le parole hanno un peso che spesso, chi le pronuncia, nemmeno immagina. Ma, anche se non le immagina, qualcuno è pur sempre costretto a portarlo, quel peso. E così accadde che per il Muro.
Singolare che nell’espressione antifaschistischer Schutzwall entri il concetto di “contenimento”. Ma che cosa si contiene, dal Vallo di Adriano alla Grande Muraglia fino alle reti elettriche e al filo spinato di Melilla, l’enclave spagnola in territorio marocchino? Si contiene l’arrivo dei barbari, l’invasione. Ma se i barbari non arrivano, che si fa?
“Guerra dopo guerra, dov’è il nemico? Spegni la radio, togli l’audio al telegiornale, guarda solo le immagini e chiediti: dov’è il nemico”? Scriveva così Allen Ginsberg, in una delle sue ultime poesie. Dove? Forse dentro lo specchio.
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