Mondo

A proposito dell’Africa di Castel Volturno

di Giulio Albanese

Il 19 settembre scorso sei giovani africani- Samuel, Awanga, Yulius, Eric, Cristopher e Alex – sono stati assassinati sulla via Domiziana, nel comune di Castel Volturno. Una strage liquidata come una sorta di “punizione di spacciatori”. Ma i camorristi, quelli che hanno il controllo del territorio, sono a piede libero con la connivenza di poteri occulti. Ma che bella figura stiamo facendo nei confronti dell’Africa! Critichiamo la corruzione dei “presidenti-padroni”, delle oligarchie africane e siamo incapaci di riconoscere, parafrasando il Vangelo, la trave che passa nei nostri occhi, quelli di un Paese che ha decisamente bisogno di redenzione. Sarà mai possibile che da quelle parti, nella provincia di Caserta (… e non solo) per affermare la legalità si debba ricorrere all’esercito? Tra poco chissà forse dovremmo far intervenire i caschi blu dell’Onu come nel Darfur! E dire che l’Italia è considerata dai cultori della giurisprudenza la “patria del diritto”! Ma quale diritto? Da troppi anni il nostro Paese è afflitto da una sporulazione senza precedenti di leggi, leggine a cui si sommano sentenze d’ogni tipo, da quelle della Corte di Cassazione a quelle del Tar. Sta di fatto che si ha l’impressione che vi sia un tale intasamento nel sistema giurisprudenziale per cui il cittadino, godendo dei benefici di una certa mentalità lassista, fa praticamente quel che vuole.Ecco che allora mancando quell’affezione “al bene comune” della nazione in cui, tra l’altro, imperversa la logica del “condono” – strumento che, cancellando le macchie del passato, si propone di fare emergere situazioni di illegalità diffusa – è chiaro che l’Italia ha decisamente bisogno di voltare pagina. Per carità in questi anni il nostro Paese è stato capace di combattere nobilissime battaglie per l’abolizione della pena di morte nel mondo; peccato però che, in casa propria, non sembri avere polizia e mezzi sufficienti a reprimere adeguatamente le proprie mafie, la criminalità organizzata che spadroneggia in intere regioni, né sembra aneli troppo a dotarsi di leggi e procedure capaci di funzionare da deterrente efficace per tutta una serie di delitti diffusissimi e odiosi, come il racket, l’usura, lo stupro, lo scippo, la truffa ai danni di vecchi soli in casa, il raggiro di consumatori e risparmiatori su larga scala. A tutto ciò si aggiunga un dato non trascurabile, la complicità tra certe organizzazioni malavitose e alcune frange della pubblica amministrazione. È qui che i politici “onesti” presenti nel nostro Paese dovrebbero avere il coraggio d’intervenire. Sono convinto che se il risanamento partisse da loro, custodi della “res publica”, potremmo lasciare i nostri militari nelle caserme o utilizzarli per altre missioni di peace-keeping.


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