Mondo

L’Africa e la crisi finanziaria internazionale…

di Giulio Albanese

L’Africa è solitamente assente dai titoli dei giornali nostrani, tanto più di questi tempi in cui la crisi finanziaria sembra essere un problema solo e unicamente del Primo Mondo. In effetti il fenomeno di cui sopra sta avendo delle gravi ripercussioni anche in Africa dove gli aiuti stranieri oscillano, a secondo dei Paesi, tra il 20 e il 40 percento del bilancio. Denaro che è destinato a diminuire sensibilmente perché l’attuale crisi finanziaria internazionale determinerà una forte contrazione dei fondi per la cooperazione allo sviluppo. Qualcuno potrebbe ingenuamente pensare che l’arretratezza del sistema creditizio africano abbia provvidenzialmente impedito al continente di cadere nella trappola dei titoli “tossici” di Wall Street. In effetti le cose non stanno proprio così se si considera che in questi anni sono stati i Paesi in via di sviluppo e dunque anche quelli africani a sostenere il sistema bancario e finanziario internazionale. Basterebbe fare la somma degli interessi sul debito estero pagati da questi governi, unitamente alle scarsissime entrate delle materie prime e delle esportazioni più in generale, per comprendere che sono stati in gran parte proprio loro, i Paesi poveri, a mantenere in piedi un sistema che oggi si dimostra fallimentare. Una cosa è certa: la bolla speculativa è ormai scoppiata, quella dei cosiddetti derivati finanziari (Otc), cioè le scommesse sugli interessi, sui cambi, sul mercato a termine o sulle azioni che due controparti stipulano tra loro. Infatti il valore nozionale di questi derivati, che non figurano sui bilanci delle banche e non sono negoziati sui mercati ufficiali, è a dir poco surreale: stando ai dati pubblicati sul bollettino trimestrale della Banca dei regolamenti internazionali (Bri) di Basilea (Bank for International Settlements, Bis), alla fine del giugno scorso, risultava che i titoli derivati Otc ammontavano a 600mila miliardi di dollari. Se si considera che il Pil complessivo dell’Africa Subsahariana un anno fa ammontava a 990 miliardi di dollari, viene spontaneo pensare a quanto il mondo dell’alta finanza sia bisognoso di redenzione. Economisti e politici illuminati auspicano pertanto la convocazione di una nuova “Bretton Woods”, ovvero una conferenza internazionale in cui decretare la penalizzazione di ogni forma di speculazione per stabilire parità monetarie che consentano un sano sviluppo del commercio a lungo termine finalizzato allo sviluppo di tutti i popoli, anche perché nell’attuale congiuntura sono i Paesi poveri a pagare il prezzo più alto. Soprattutto in vite umane.

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