Benedetto XVI ha annunciato ieri che il prossimo marzo si recherà in Africa. La notizia non può che fare piacere, in vista soprattutto della seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l’Africa che si terrà a Roma nell’ottobre del 2009, affrontando i grandi temi della riconciliazione, della giustizia e della pace nel contesto globale dell’evangelizzazione di un continente grande tre volte l’Europa. Il programma del viaggio papale prevede due tappe: una prima in Camerun per la consegna all’episcopato africano dell’Instrumentum Laboris sinodale, mentre la seconda sarà in Angola dove il Papa è stato invitato per celebrare il 500mo anniversario di evangelizzazione di quel Paese. L’augurio è che questo viaggio papale possa davvero giovare alle sorti dell’Africa, un continente caratterizzato, parafrasando il teologo camerunese Engelbert Mveng, da una “povertà antropologica” retaggio dell’epoca coloniale, dalla crescente coscienza di un fallimento delle attuali classi dirigenti, unitamente ai disastri di una globalizzazione selvaggia che ha acuito il numero e le sofferenze dei ceti meno abbienti. Riflettendo sulla cronaca africana, la speranza è rappresentata soprattutto dalla società civile che ha dimostrato di voler cambiare le regole del gioco. Dal canto suo, la Chiesa Cattolica – che ha pagato in questi anni un tributo notevole in vite umane (pensiamo ai missionari e laici caduti sul campo) – “continua a godere di una grande credibilità presso le popolazioni africane” (Lineamenta 6). Per molti, è bene rammentarlo, “essa resta l’unica realtà che consente alle popolazioni locali di continuare a vivere e sperare in un futuro migliore” (ib.). Una grande responsabilità che non va disattesa.
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