Vorrei segnalare ai lettori di questo blog la drammatica situazione in cui versa l’Eritrea. Si tratta di un Paese in cui vige una delle più feroci e criminali dittature presenti in Africa. Il presidente Isaias Afewerki ha imposto il monopartitismo impedendo lo svolgimento di libere elezioni. Sta di fatto che dall’indipendenza in poi, molti oppositori politici sono stati arrestati e l’economia nazionale è allo stremo. Afewerki e i suoi stretti collaboratori hanno praticamente il controllo di tutto: assetti istituzionali e militari, scelte politiche, programmi economici. L’opposizione è costretta a vivere in esilio, mentre sia Amnesty International che il Parlamento europeo denunciano gravi abusi in flagrante violazione dei diritti umani. Non v’è dubbio che Afewerki e la sua cricca andrebbero giudicati da un tribunale penale internazionale avendo ridotto il Paese ad una sorta di prigione a cielo aperto. Le autorità respingono qualunque tentativo di monitoraggio e confronto internazionale in tema di diritti umani e non tengono conto dei principi di uno Stato di diritto, degli strumenti di tutela dei diritti umani contenuti nella Costituzione e dei trattati internazionali ratificati dall’Eritrea. Agli organismi non governativi locali per i diritti umani non è consentito di operare, a quelli stranieri, compresa Amnesty, è vietato l’accesso; migliaia di oppositori politici e di persone che hanno criticato il governo sono attualmente detenuti in località segrete e senza accesso al mondo esterno. I luoghi di detenzione sono raramente comunicati ai familiari e molti prigionieri sono di fatto “scomparsi”. Altri sono in prigione da molti anni. Nessun detenuto è comparso di fronte a un tribunale per rispondere di un’accusa specifica né è stato sottoposto a processo. La tortura è sistematicamente applicata negli interrogatori e a scopi disciplinari, specialmente per punire chi ha eluso la leva, i disertori, i soldati accusati di reati militari o gli appartenenti a minoranze religiose. Si ricorre a forme di tortura anche ai danni di alcuni prigionieri politici. Le pessime condizioni in cui molti di essi sono trattenuti – celle buie e sporche, stive di navi calde e sovraffollate – sono da considerare trattamenti crudeli, inumani e degradanti; ecco che allora molti eritrei cercano disperatamente riparo all’estero. Il regime naturalmente non sopporta la Chiesa Cattolica per il suo impegno in difesa dei diritti umani e sta procedendo alla graduale espulsione dei missionari. Circa tre anni fa, il governo eritreo aveva consegnato ad alcuni istituti missionari una missiva nella quale si chiedeva di preparare il personale locale allo svolgimento delle funzioni fino a quel momento ricoperte dal personale internazionale, in vista dell’uscita dal Paese degli stranieri allo scadere del loro permesso di soggiorno. Un indirizzo impresso con determinazione dalle autorità di Asmara e che ha coinvolto, anche recentemente, non poche organizzazioni non governative (Ong) e alcune agenzie internazionali, invitate a lasciare il paese perché “non gradite”. Secondo alcuni analisti dietro le quinte si celerebbero le pressioni di un certo mondo arabo “salafita” che avrebbe promesso proficui finanziamenti all’Eritrea a condizione che vengano cacciati dal paese gli “infedeli”. In effetti l’Eritrea – la cui bilancia commerciale è largamente passiva – non riesce a sfamare tutti i suoi abitanti, due terzi dei quali dipendono dagli aiuti umanitari, anche perché il militarismo voluto da Afewerki ha costretto in maniera coercitiva buona parte della cosiddetta forza lavoro a prestare servizio nelle forze armate. Come se non bastasse, fonti indipendenti della società civile esprimono grande preoccupazione per la “guerra fredda” con la vicina Etiopia che complica non poco la situazione nel Corno d’Africa, uno scenario – linea di faglia in territorio africano tra Oriente e Occidente – già compromesso dalle crisi in atto sia nel Darfur che in Somalia . Sebbene nel 2001 il governo di Asmara avesse dichiarato il proprio sostegno a Washington nella guerra al terrorismo, la situazione è mutata notevolmente d’allora e i rapporti tra l’Occidente e l’Eritrea si sono gravemente inaspriti. Infatti nel contenzioso tra Etiopia ed Eritrea, che determinò una cruenta guerra tra i due paesi dal 1998 al 2000, Washington tiene le parti del governo di Addis Ababa. Cari amici lettori, dopo avervi offerto una sintesi della situazione eritrea, vorrei davvero che si facesse qualcosa per questo popolo oppresso da un regime sanguinario.
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