Cari amici, il nostro povero mondo è davvero in subbuglio e come al solito la violenza sembra prendere il sopravvento, soprattutto in Afghanistan e in Somalia. Intendo pertanto esprimere il mio cordoglio personale alle famiglie dei militari italiani deceduti ieri nell’attentato a Kabul. In queste circostanze il dolore per la scomparsa dei propri cari è un pesante fardello che solo il silenzio e la preghiera possono lenire. Detto questo mi permetto di fare due osservazioni ai miei colleghi giornalisti che hanno battuto la notizia. Anzitutto vorrei ricordare che nell’attentato avvenuto nella capitale afghana sono morte almeno ventisei persone, tra le quali figurano i sei militari italiani. E sì perché ieri sera quando ero in macchina e sentivo i vari notiziari alla radio, il lutto dei civili è stato decisamente trascurato. Poco dopo seguendo l’informazione televisiva ho avuto la stessa sensazione. Insomma quello che intendo dire è che quando si danno le notizie non ci sono morti di serie “A” e morti di serie “B”. A significare che la vita dei civili caduti nell’attentato e sacra quanto quella dei nostri soldati. Inoltre vorrei rammentare che nelle stesse ore due potenti esplosioni hanno seminato morte e distruzione nel quartier generale delle forze della Missione dell’Unione Africana in Somalia (Amisom), a sud di Mogadiscio. Tra i 14 peacekeepers uccisi- dieci burundesi e 4 ugandesi – anche il vice-comandante del contingente, mentre il comandante, il generale Nathan Mugisha, è rimasto ferito. Anche in questo caso il dovere d’informare è fondamentale e non può essere vincolato o meno alla presenza sul territorio dei nostri soldati. La Somalia è un inferno tanto quanto l’Afghanistan e questo, duole doverne prendere atto, non si evince dalla stampa nostrana.
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