Vorrei condividere con i lettori di questo Blog la storia di George. Si tratta di un giovane mercenario sierraleonese al soldo di Gheddafi. Ha 26 anni, alto, smunto, con i capelli alla Bob Marley. Parla un cattivo inglese, ma riesce sempre a farsi capire, avendo il dono di una forte comunicativa. Sequestrato a metà degli anni 90 dai famigerati ribelli del Fronte Unito Rivoluzionario (Ruf) di Foday Sankoh, venne impiegato in numerose razzie contro la popolazione civile. Era uno specialista nel mozzare arti col machete anche se preferiva farlo, dice lui, sotto l’effetto sostanze stupefacenti. Prima di andare a combattere, per suggestionarlo, il suo comandante lo costringeva a bere una scodella di latte e polvere da sparo. Alla fine della sanguinosa guerra civile, dopo un periodo di riabilitazione psicologica e sociale in un centro specializzato, decise di tornare in famiglia nel suo villaggio natale, nei pressi di Makeni. Essendo morti i suoi genitori e non trovando lavoro, chiese aiuto a un suo parente che viveva nella capitale, Freetown. Non riuscendo comunque a sbarcare il lunario, prese contatto con alcuni dei suoi compagni che con lui avevano militato, negli anni di guerra, nel Ruf. Nel maggio del 2002 si trasferirono insieme in Liberia, unendosi ad una formazione di mercenari che, nell’arco di pochi mesi si portarono nel versante occidentale della Costa d’Avorio, unendosi al Movimento Popolare Ivoriano per il Grande Ovest (Mpigo). D’allora, George ha praticamente combattuto a tempo pieno in giro per l’Africa, rimanendo peraltro ferito in due occasioni, ma mai gravemente. Le compagnie che lo hanno assoldato gli hanno garantito buoni stipendi, consentendogli di aprire un conto bancario in dollari. Nell’aprile del 2006 è stato in Ciad e ha preso parte alla difesa della capitale N’Djamena, combattendo nelle file delle forze lealiste del presidente Idriss Déby contro i ribelli del Front Uni pour le Changement (Fuc). D’allora ha spaziato un po’ ovunque, da una zona della Repubblica Centrafricana al confine col Sudan, alla Somalia. Recentemente è partito da N’Djamena in aereo e ha raggiunto una base militare libica in Tripolitania. È dunque diventato uno dei tanti mercenari del rais libico. Dice che lo pagano bene anche se questa volta ha un po’ di paura di fronte alle bombe dell’Alleanza anti-Gheddafi. Ogni tanto pensa che forse avrebbe fatto bene a rimanere a Freetown, dove i missionari cattolici erano disposti a offrirgli una borsa di studio. Il suo sogno di bambino era fare il medico per salvare vite umane, mentre ora fa l’esatto contrario.
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