Mondo

Italia, un Paese provinciale anche in campagna elettorale

di Giulio Albanese

Si conclude questa sera la campagna elettorale e domenica andremo a votare. A questo riguardo, quello che è mancato è stato un serio dibattito sulla politica estera del nostro Paese. Lo si vede chiaramente dall’assenza del cosiddetto “strategic thinking” che caratterizza invece altre potenze industrializzate o emergenti. Per la sua posizione geopolitica, protesa verso il Mediterraneo, l’Italia potrebbe svolgere, meglio di chiunque altro, un ruolo fondamentale nella soluzione delle crisi in atto, sia in Africa (oggetto di questo Blog), come anche nel Mondo Arabo. Il provincialismo, insito nel Dna delle nostre classi dirigenti, unitamente alla sindrome della marginalizzazione, oltre al complesso da “media potenza”, non hanno consentito, ancora una volta, in questa campagna elettorale “casareccia”, di disegnare scenari che contemplino un’azione politica dell’Italia verso questi scenari. Si tratta, naturalmente, di un ragionamento estendibile anche al versante balcanico e alla sponda iraniana. Qui è in gioco, non solo la stabilità e la sicurezza del nostro Paese, per la tradizionale dipendenza dalle fonti energetiche. Nel pieno di una crisi economica globale, al netto delle mirabolanti e ammiccanti promesse elettorali e delle reazioni preoccupate delle piazze finanziarie per l’instabilità politica del Bel Paese, nessuna grande democrazia dovrebbe permettersi incertezze sul proprio ruolo internazionale. Un discorso che riguarda sia l’interscambio commerciale, per non parlare della cooperazione allo sviluppo che da molti anni, ormai, è il fanalino di coda nell’agenda dei governi che si sono succeduti a Palazzo Chigi. Tutto fa pensare che, dopo l’intervento francese in Mali, l’Europa, priva di un comune governo unitario, continuerà a non avere un indirizzo comune in politica estera. Come già avvenuto per la Libia, Parigi s’è mossa nell’Azawad, ancora una volta, in solitario, cercando “ex post” il consenso degli alleati europei. Londra l’ha sempre fatto e Berlino la sta emulando. Quale sarà la posizione dell’Italia nel mondo? Perché i nostri giornalisti, esperti di politica, (tranne qualche lodevole eccezione) non hanno fatto domande sulle questioni internazionali ai candidati dei vari partiti?

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