Il cartello dei Brics (Brasile, Russia Cina, India e Sudafrica) sta facendo di tutto per accrescere la propria influenza in Africa. Ma non v’è dubbio che, in questa campagna di colonizzazione dei Paesi emergenti, i cinesi siano i più spregiudicati. Basti pensare che lo scorso anno gli scambi commerciali tra Africa e Cina hanno raggiunto i 198 miliardi di dollari, il 19,3 per cento in più rispetto al 2011. Come se non bastasse, il governo di Pechino ha offerto proprie truppe di peacekeeping per contenere le milizie islamiste in Mali. Per così dire, i francesi hanno fatto, nei mesi scorsi, il lavoro sporco (col fine, inutile nasconderselo, di mantenere anche i propri privilegi nell’ex colonia saheliana), mentre i cinesi stavano alla finestra a guardare. Ora però, confidando in una normalizzazione della crisi maliana, hanno deciso di farsi avanti. Stando a fonti del Palazzo di Vetro, si parla di circa 500 caschi blu, il più ampio contributo cinese sul fronte del mantenimento della pace. È dal 1992 che Pechino partecipa a missioni di peacekeeping e attualmente sono quasi 2mila i soldati cinesi schierati in giro per il mondo. Da rilevare, inoltre, che, nell’attuale congiuntura economica planetaria, la Cina è l’unica Super Potenza che può permettersi di finanziare queste iniziative dell’Onu. Col risultato che così facendo Pechino accresce la sua influenza geopolitica , soprattutto in Africa, dove le sue imprese sono leader nell’estrazione mineraria e soprattutto nello sfruttamento delle fonti energetiche. Dunque, il dispiego di peacekeeper cinesi in Mali è un modo, per così dire elegante, in guanti bianchi per proteggere gli investitori del Drago.
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