La Massoneria è molto radicata in Africa e rappresenta l’anello di congiunzione tra l’epopea coloniale e quella successiva, non solo in termini di riconoscimento dell’autodeterminazione degli Stati sovrani, ma anche dell’avvento graduale del cosiddetto neocolonialismo. Questo tema è stato affrontato, nel 2007, in un interessantissimo articolo pubblicato sul mensile Nigrizia, a firma di un grande africanista, François Misser (Loggia ci cova Massoneria / “Fratelli” d’Africa). Pertanto, in considerazione anche di alcune recenti vicende, credo che possa risultare utile tornare ad approfondirlo. Forse non tutti sanno che, ad esempio, l’ex presidente burkinabé Blaise Compaoré, recentemente deposto a furor di popolo, è iniziato al Grande Oriente di Francia (Godf). Non è un caso se il suo grande sponsor, quando si trattò di rovesciare nel 1987 il carismatico Thomas Sankara, sia stato l’allora presidente francese François Mitterrand, anche lui massone del Godf. Come se non bastasse, i collegamenti tra il regime di Ouagadougou e Parigi sono avvenuti in questi anni grazie a personaggi come il socialista Guy Penne per conto di Mitterrand, dal 1981 al 1986 e poi, a partire dal 1995, dal gollista Fernand Wibaux, per conto di Jacques Chirac. Tutti e due questi signori, membri di spicco del Godf, hanno rivestito la carica di consiglieri presidenziali per gli affari africani dell’Eliseo. E allora non sorprende se il Compaoré di cui sopra, nonostante abbia commesso crimini a non finire nei suoi 27 anni di potere assoluto, sia stato accolto in esilio a Yamoussoukro, in Costa D’Avorio, dal presidente massone Alassane Ouattara. Una cosa è certa: la stragrande maggioranza dei leader politici africani, defunti e viventi, è legata alla massoneria. Basti pensare all’ex presidente gabonese Omar Bongo (gran maestro della Grande Loggia Simbolica) o a suo figlio Ali Bongo, per non parlare del ciadiano Idriss Déby o dell’ex-presidente congolese Pascal Lissouba. E anche l’ex presidente centrafricano François Bozizé (costretto all’esilio) è un massone, pare iniziato dal suo omologo congolese Denis Sassou Nguesso, per accedere nella potentissima Grande Loggia nazionale francese (Glnf). Da rilevare che la massoneria in Africa rappresenta il collante tra il colonialismo e il neo colonialismo. Tornando indietro con la moviola della storia, è bene ricordare che la prima loggia nel continente risale al 1772, quando venne fondata a Città del Capo, nel luogo dove ora sorge, per ironia della sorte, il parlamento sudafricano, che peraltro continua a ospitare, come cimelio per i posteri, il tempio originario, il Goedehoop Tempel. Stiamo parlando di una realtà fortemente egemone che ha annoverato nelle sue fila Cecil John Rhodes, uno dei padri della colonia segregazionista, e Ernest e Harry Oppenheimer, fondatori della potentissima società diamantifera De Beers. Sta di fatto che è stata proprio la massoneria ad aiutare Nelson Mandela nel garantire il passaggio indolore dal regime dell’apartheid a quello liberale e democratico. Oggi, d’altronde, la massoneria sudafricana è potentissima, annoverando nei propri ranghi alcune decine di migliaia di adepti, molti dei quali esponenti di rilievo dell’industria estrattiva mineraria nazionale. Sul versante francofono gli sviluppi hanno avuto, più o meno, la stessa connotazione. La prima loggia africana con questa tipologia di osservanza, venne fondata a Saint-Louis, in Senegal, dal Godf, nel 1781, senza annoverare alcun affiliato autoctono. Solo dopo molti anni, venne consentito agli africani delle colonie di entrare nella massoneria, con l’intento, di salvaguardare la cooperazione commerciale, soprattutto per quanto concerne lo sfruttamento delle immense risorse minerarie dell’Africa come i ricchi giacimenti di uranio del Niger.Oggi, in Africa, vi sono almeno tre grandi tipologie di massoneria. A parte le logge di obbedienza straniera, sono presenti anche logge autoctone (come quella delpresidente camerunese Paul Mbya, branca dissidente della Società dei Rosa Croce: il Centro internazionale di ricerche culturali e spirituali), oltre a quelle legate agli ex schiavi delle Americhe che tornarono liberi in Africa dopo l’abolizione dell’ignobile tratta. Sia a Monrovia che a Freetown, rispettivamente capitali della Liberia e della Sierra Leone, alcuni edifici pubblici mostrano simboli massonici. Il futuro della massoneria africana è comunque aperto a nuovi scenari: i propri affiliati hanno più volte accusato, più o meno velatamente, i Paesi occidentali di ingerenze neocoloniali e sono aperti alla cooperazione con la Cina e i Paesi arabi. Quando, ad esempio, in pompa magna, il 18 gennaio dello scorso anno, in Rue Cadet a Parigi , il Godf ha ospitato la tavola rotonda dedicata alla “Françafrique”, alcune voci africane hanno espresso un certo disappunto sia per l’intervento di Nicolas Sarkozy in Costa d’Avorio, come anche di François Hollande in Mali. In effetti, il dissapore è legato al fatto che gli interessi francesi sono antagonistici rispetto a quelli della Cina. L’ex presidente massone centrafricano Bozizé è infatti stato costretto all’esilio dalle forze ribelli proprio quando si accingeva a trattare con le autorità di Pechino per lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e uranio presenti nel suo Paese. Giacimenti considerati strategici dal governo di Parigi. E mentre in Senegal, gli intellettuali musulmani discutono sulla compatibilità o meno della possibilità di riconciliare l’Islam alla massoneria, in Nigeria si assiste all’emergere di una massoneria etnica, che prende le distanze dalle obbedienze inglese, irlandese e scozzese. Col risultato che vi sono già delle logge autoctone che accolgono esponenti del musulmanesimo. Non si tratta di una novità se si considera che il defunto presidente gabonese Omar Bongo, nonostante fosse massone, si convertì all’Islam nel 1973. Un connubio, quello tra massoneria ed esponenti del musulmanesimo che potrebbe avere un impatto sui futuri assetti geopolitici dell’Africa Subsahariana.
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