Due mesi in ospedale allontanano inevitabilmente dalla concitazione degli avvenimenti. Tutto è ovattato, filtrato dal luogo, che è scandito da orari e impegni finalizzati al recupero del fisico più che della mente. Anche io ho dovuto concentrarmi su me stesso, per riprendere il controllo attivo del mio organismo, dopo un’operazione d’urgenza che mi aveva portato, il 4 maggio scorso, ai confini della vita.
Ora, di nuovo a casa, mi tuffo, a piccole dosi per ora, nelle notizie, leggo i giornali, colleziono telegiornali, cerco di recuperare il tempo in parte perduto. E mi assale un senso di smarrimento, di malinconia, se non addirittura di tristezza.
Non c’è traccia di un Paese in ripresa, ottimista, fiducioso nel futuro collettivo e individuale. Le notizie e le inchieste sono quasi tutte di segno critico e negativo, perfino il gossip estivo stenta a decollare, probabilmente travolto dalla madre di tutti i pettegolezzi, la vicenda di “papi” e dell’aspirante attrice napoletana.
Avverto molto rancore, leggo episodi tremendi, come quello del congolese inseguito e picchiato a Roma mentre stava consegnando volantini per la promozione di una pizzeria. O l’incubo dello stupratore seriale, sempre a Roma, che però ha un accento romano e dunque sembra allarmare un po’ di meno.
Scopro che a Milano si stanno per bloccare i Blue berrets, servizio di ronda su metropolitana e in altri luoghi pubblici perché il capo dell’associazione di volontariato appartiene a un’organizzazione di estrema destra e nessuno se n’era accorto.
Leggo del ministro Calderoli affermazioni gratuite e violente, in quanto generiche, contro donne immigrate che spesso suppliscono alle difficoltà delle nostre famiglie nel badare ai più deboli, agli anziani e ai disabili.
In Cina si massacrano oltre 140 manifestanti e il premier cinese concorda con il presidente Napolitano che è importante lo sviluppo economico, ma bisogna riflettere anche sui diritti civili.
A L’Aquila fanno una commovente fiaccolata notturna in una città buia e deserta, a Viareggio piangono i morti di una strage sicuramente evitabile.
Perfino il calciomercato è in crisi, qui da noi, e nessuno compra nessuno, così finalmente forse giocheranno i giovani dei vivai, magari anche di colore.
Per strada, sui marciapiedi, nei bar, nei centri commerciali, la gente parla solo di soldi (da spendere senza averli), e si vedono facce preoccupate, serie, tristi. Poche però le notizie sulle aziende in crisi, forse per non seminare il panico, eppure il tam tam continua e penso a che cosa succederà a settembre, al ritorno da ferie in molti casi forzate.
Me ne farò una ragione, ma questo mondo così non mi sta bene. Da qualche parte, moralmente ancor prima che politicamente, bisogna ripartire.
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