Politica

Balotelli, puoi fare di meglio

di Franco Bomprezzi

Io c’ero. L’ho visto con i miei occhi. Giocava proprio sul lato del campo vicino alla tribuna arancio di San Siro. Lo abbiamo accolto con una ovazione: nell’ultimo quarto d’ora di Inter-Barcellona SuperMario poteva essere la mossa azzeccata di Mourinho per “matare” definitivamente un Barcellona incredulo, che stava prendendo tre pappine dai nerazzurri, dopo essersi illuso, con un gol dopo venti minuti, di goleare sull’erba del Meazza trotterellando e sorridendo.

Sì, lo abbiamo applaudito e incitato. Tutti. Perché se vuole è bravissimo e imprevedibile. Mario Balotelli al momento ha soprattutto un gesto tecnico che gli riesce benissimo: stoppa la palla in corsa, la nasconde, cambia traiettoria girandosi di colpo, tocca di tacco per servire se stesso al di là dell’avversario, per lanciarsi poi verso la rete, non necessariamente per tirare al volo, ma spesso per servire assist decisivi ai suoi compagni d’attacco. E poi sa nascondere la palla come pochi, è anche furbo, tende a cadere appena lo sfiorano, va giù per terra come un sacco vuoto, sembra che lo abbiano ammazzato, ma poi si rialza indolente, e solo in quei momenti azzarda un sorriso sornione, quasi a dire: “Ti ho fregato, eh?”.

Bene, tutto questo speravamo in quel quarto d’ora. E invece Mario ci ha tradito, ci ha lasciati attoniti, perché dopo due tocchi perfetti ha cominciato a sbagliare banalmente, come un brocco qualsiasi. Un grande campione non si giudica dai particolari, cantava De Gregori. Dai particolari no, ma dai fondamentali sì. E quegli stessi tifosi che hanno sempre sonoramente fischiato la trivela inutile di Quaresma, hanno beccato SuperMario, cominciando a insultarlo senza alcun timore di ferire il suo fragile equilibrio di giovane talento. Lo so, forse è sbagliato, ma il calcio è questo: è rabbia, è tensione emotiva, è dialogo a distanza fra tifosi e giocatori. Lo sanno tutti i grandi campioni, lo sa anche lui.

Questa lunga premessa da tifoso ma anche da cronista, per dire che Mario Balotelli si è comportato malissimo l’altra sera. Un comportamento tecnico e umano assolutamente inaccettabile in un contesto come quello, il finale di una partita decisiva per l’intera stagione. Non parlo dell’episodio della maglietta gettata via, perché quello è solo l’epilogo più triste di un quarto d’ora di follia. Il punto è un altro.

Perché ci appassiona così tanto la vicenda di questo calciatore nero italiano? Perché tutti vorremmo sempre prendere le sue parti. Vorremmo essere capaci di aiutarlo a essere diverso, più maturo, più responsabile, più campione di vita e non solo di pallonate. Siamo eticamente convinti che in ogni caso un ragazzo di vent’anni è una pecorella smarrita nel turbine della vita, se poi si tratta di una pecora nera la cosa si fa ancora più evidente. C’è sempre molto amore nei confronti di un giovane ribelle, tanto più questo accade in un mondo pieno di soldi e di potere come quello del calcio, e in una squadra gestita da un ricco petroliere e da un allenatore portoghese che sta molto antipatico (solo a chi interista non è, a dire il vero). Non solo: c’è il desiderio inconscio di dimostrare che i giovani sono tutti buoni e bravi, basta solo capirli, non rimproverarli troppo, accettare le loro stranezze, essere tolleranti e magnanimi, perché il tempo li aiuterà a crescere e a capire da soli. Ci piace l’idea che Balotelli nella sua vita personale sia attento al sociale, ai bambini di strada, alla vicenda di Borgonovo, insomma sia davvero un bravo ragazzo.

Ma la realtà a volte ci delude. Anche io pensavo così, e continuo in parte a ragionare in questo modo, specialmente tenendo conto dell’infame razzismo che il ragazzo ha dovuto subire. Perciò mi dispiace non riuscire, oggi, a stare dalla sua parte. Ma non posso sentire SuperMario dire che il suo sogno, fin da bambino, era quello di diventare il miglior giocatore del mondo e che dunque non ha nessuna intenzione di rovinare questo sogno. Il campione, forse Mario non se ne è ancora reso conto, è tale perché vive in una squadra, assieme ai compagni. Neppure Messi, da solo, riesce a far vincere il Barcellona. Figurarsi Balotelli, che al momento vale forse il 20 per cento (a esser generosi) di Messi. Perciò questa presunzione egocentrica e narcisistica è l’altro volto di questo aspirante campione. Ed è forse il vero difetto, che lo renderà sempre vulnerabile, che lo allontanerà dal suo sogno, ma soprattutto da tutti coloro che vorrebbero amarlo, e abbracciarlo, che giochi nell’Inter o altrove. Io gli consiglierei una settimana di ritiro con Javier Zanetti. Forse davvero qualcosa in quella zucca ribelle potrebbe cambiare. Dai Mario, puoi fare di meglio, credimi.


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