Mondo

Al Gore attacca Bush: nasce opposizione Usa?

Sull'Iraq discorso durissimo anti-Bush del vice di Clinton, sconfitto alle primarie del 2000

di Paolo Manzo

Dopo quasi due anni dalla sua sconfitta nel lunghissimo duello post-elettorale per la presidenza degli Stati Uniti deciso solo dalla Corte Suprema, Al Gore torna a far sentire la sua voce e scende, con decisione, in campo contro la guerra che George Bush vuole scatenare contro l’Iraq. Una guerra – ha detto l’ex vice presidente parlando al Commonwealth Club di San Francisco, in un discorso che ha colpito per gli insoliti toni duri e quasi di derisione – con cui il presidente Bush, che segue un approccio ”unilateralista e da cow-boy negli affari internazionali”, metterebbe a rischio la lotta globale al terrorismo, rendendo il mondo un posto ancora piu’ pericoloso. E tutto questo, ha aggiunto il candidato sconfitto alle presidenziali del 2000 – che con questo discorso si e’ allontanato in modo netto dalla linea seguita dalla leadership democratica che sembra destinata, pur ponendo qualche distinguo, ad appoggiare il presidente- per un puro calcolo politico in vista delle prossime elezioni. E per distrarre l’opinione pubblica dai fallimenti dell’amministrazione che, ad un anno dall’11 settembre, non e’ riuscita a catturare e punire i responsabili degli attacchi. ”Non credo che dovremmo lasciarci distrarre da questa missione urgente solo perche’ si e’ mostrata piu’ difficile e pesante del previsto – ha detto Gore riferendosi alla lotta al terrorismo- le grandi nazioni sanno aspettare e poi vincere. Non saltano da una missione non conclusa all’altra”. Quella di Gore e’ stata un’uscita ben preparata: il vice presidente, che ha detto che annuncera’ entro la fine dell’anno se si ricandidera’ nel 2004, ha scelto la serata all’organizzazione, tradizionalmente presentata come bi-partisan, ma dove si respirava una chiara voglia di riscossa democratica, per un’elezione considerata ‘rubata’ dagli avversari. Dalle prime file e’ stata intonata ”Hail the chief”, la marcia con cui si saluta il presidente americano, all’arrivo di Gore e qualcuno ha issato un cartello con su scritto ”Al Gore e’ il mio presidente”. E Gore -che nel 1991 fu uno degli unici dieci democratici che al Senato votarono in sostegno della guerra di Bush sr. contro l’Iraq, titolo di merito che spinse poi Bill Clinton a sceglierlo come ”running mate’ nel ticket democratico che vinse nel 1992- ha rivolto un appello preciso ai colleghi democratici affinche’ non consegnino a Bush un assegno in bianco approvando in tutta fretta, come sembra siano destinati a fare, la risoluzione che autorizza l’uso della forza preventiva. Il Congresso dovrebbe invece chiedere urgentemente al presidente ”di prendere tempo per formare il piu’ ampio sostegno internazionale possibile” ad un eventuale azione militare. L’ex vice presidente democratico e’ convinto che Saddam Hussein costituisca un pericolo, una vera minaccia per i paesi confinanti, ma non imminente per gli Stati Uniti. Non e’ quindi giustificata dai fatti la nuova dottrina, presentata nei giorni scorsi da Bush, dell’attacco preventivo, una dottrina che Gore ritiene un potenziale elemento di sovversione dell’ordine internazionale. ”Lo stato di diritto verrebbe presto sostituito dal regno della paura” ha detto, spiegando che, una volta affermata da Washington, la dottrina dell’attacco preventivo potrebbe fare scuola presso altri nazioni, anche quelle considerate ”canaglia”. Contro l’Iraq l’unico possibile terreno d’azione e’ quello multilaterale, come fu 12 anni fa, aggiunge Gore per il quale un’azione unilaterale americana contro Baghdad potrebbe avere si’ successo militare ma essere disastrosa su altri front: ”nel caso dell’Iraq, sarebbe piu’ difficile per gli Stati Uniti vincere da soli, ma sempre possibile. Ma la guerra al terrorismo richiede una ampia e costante cooperazione internazionale e la nostra possibilita’ di assicurarla sarebbe gravemente diminuita da un’azione unilaterale contri l’Iraq”. Poi le pesanti accuse all’amministrazione che vorrebbe la guerra contro Saddam per far dimenticare le sconfitte ”nella guerra contro Osama bin Laden”, che dovrebbe rimanere il punto centrale per ”vendicare i 3mila americani assassinati”. Gelide le reazione della Casa Bianca: ”il presidente ha unito la nazione e la nazione si e’ stretta intorno alla sua richiesta di azione – ha detto il portavoce Scott McClellan – continuera’ a guidare ed unire l’America anche se divisioni emergono all’interno del partito democratico e fra i suoi candidati”.


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