Ho letto molto rapidamente l’agenda Monti. Ve la consiglio, perché prima di giudicare bisogna conoscere. Scaricatela dal suo sito, come ho fatto io. E poi mettetevi calmi. Anche volendo non trovate nulla che ci riguardi direttamente. Intendo noi che facciamo parte, più o meno attiva, del mondo delle persone con disabilità.
Si parla infatti solo di questi obiettivi, a pagina 18 (il testo è di 25 pagine):
“Bisogna sempre più potenziare l’assistenza domiciliare dei parzialmente sufficienti
e dei non autosufficienti, una soluzione che permette di coniugare risparmi di spesa
e una migliore condizione del paziente. E dare attuazione alla riforma dell’ISEE per
rendere più obiettivo e trasparente l’accesso alle prestazioni agevolate di oltre 20
milioni di italiani, con una particolare attenzione alle famiglie numerose e per quelle
con figli molto piccoli. Senza dimenticare che la sanità e la sicurezza sociale sono la
più grande industria di servizi del Paese. Promuoverla significa anche sostenere la
crescita e l’innovazione”.
Ecco fatto. Traduco per i non addetti ai lavori: la riforma dell’ISEE, per come si stava configurando, prevede di fatto una più ampia partecipazione alla spesa per i servizi sociali da parte delle famiglie e delle persone, e una riduzione delle agevolazioni fiscali sino ad ora garantite. I servizi di assistenza domiciliare sono sicuramente importanti, ma come si evince dal meditato testo dell’ex premier il tutto si inserisce in un’attenzione che privilegia i non autosufficienti (in particolare gli anziani, come si capisce più avanti, nelle ultime pagine). La parola “disabilità” non è mai pronunciata. Mai, neppure per sbaglio. Ci sono di nuovo, invece, i “pazienti”. Che nel frattempo sono diventati molto impazienti.
Mi rendo conto che la sintesi delle proposte per “cambiare l’Italia” non è facile. Ma scoprire che in questa agenda tu proprio non esisti non fa piacere per niente. E non per un personale rigurgito corporativo o di “casta” (sic!), ma perché in tutti questi anni ci siamo sforzati, chi più chi meno, di spiegare che l’attenzione complessiva e inclusiva alle persone con disabilità è una cartina di tornasole efficace nel mondo (vedi Convenzione Onu) per valutare la qualità del welfare di un Paese. Perché considerare le persone con disabilità come una risorsa per lo sviluppo, e non come un costo, o un fardello assistenziale, fa la differenza. E almeno un piccolo accenno in questa direzione avrebbe comportato la conseguenza di farmi sentire protagonista di un progetto di risanamento e di rilancio dell’Italia.
Questo compito invece Monti lo affida agli Ottimati, all’Aristocrazia dei competenti, è roba loro, non ci tocca. Possiamo solo sperare che la sua ricetta funzioni, che il Paese torni a sorridere, e se saremo buoni ne trarremo beneficio, soprattutto se totalmente non autosufficienti, allettati, e bisognosi di cure. Per tutti gli altri, che vorrebbero lavorare, partecipare, decidere, muoversi, scegliere il proprio futuro, non resta che affidarsi all’Agenda del più grande salvatore della patria dopo il big bang.
No grazie, Monti. Ho paura. Spero solo che una scossa salutare di democrazia spinga le forze politiche a riprendere in mano il confronto sui programmi, sulle idee, sui progetti rispetto ai quali non ci si può limitare a un programma ottimo per il consiglio di amministrazione di un’azienda in amministrazione controllata. Perfino l’Europa politica alla quale fa riferimento riesce ad essere meno disattenta.
Per parte mia mi sento abbastanza preso a schiaffi, come cittadino e come persona con disabilità. Ma forse è meglio così. Per quanto mi riguarda so che Monti, qualora dovesse tornare a governare, sarà la controparte, e a lui ci dovremo rapportare con la forza della nostra identità sociale, della nostra storia, del nostro orgoglio.
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