In questo mondo di ladri, cantava Antonello Venditti nel 1988: “Eh, in questo mondo di ladri c’è ancora un gruppo di amici che non si arrendono mai”. Già. Il fatto è che anche gli amici rischiano di sentirsi defraudati, impotenti, inascoltati. Le notizie di oggi, relative ai nuovi arresti nell’ambito di indagini sul malaffare che si è costituito attorno al business di Expo 2015, sembrano confermare una situazione gravemente compromessa. La ramificazione della corruzione, trasversale e impressionante, sembra riportarci indietro nel tempo, proprio agli anni cantati da Venditti. Nulla pare cambiato da allora, se non in peggio. Ma il punto, secondo me, è un altro.
Come possiamo immaginare che nelle grandi opere di questo Paese si pensi, nella fase progettuale, alle esigenze, ai diritti, ai bisogni della gente normale, e magari addirittura della parte più debole, quella che ad esempio fa fatica a muoversi, a trovare lavoro, a ricevere servizi adeguati? La sproporzione del business è tale da rendere evidente la distanza fra i pensieri che attraversano le menti della casta burocratica, amministrativa e politica, e i pensieri di tutti noi, che vorremmo partecipare in modo concreto e positivo alla costruzione di un Paese moderno, civile, solidale, onessto.
Non ho mai letto di una retata di arresti per stroncare il business della fornitura di sedie a rotelle; o per smascherare la cupola degli ascensori per tutti nelle stazioni e nelle metropolitane; o per denunciare le gare truccate negli appalti per garantire l’assistenza alle persone non autosufficienti. Il fatto è che in questi campi le risorse sono incomparabilmente inferiori rispetto all’ammontare del denaro che viene previsto per le grandi opere o per i grandi eventi. Certo, poi anche nelle miserie umane riusciamo a trovare situazioni imbarazzanti, perché anche le briciole, a volte, possono fare comodo. E persino il mondo dei servizi alle persone meriterebbe un’attenzione ferrea alla trasparenza e alla correttezza di tutti i soggetti interessati.
Ma ciò che sta avvenendo in Italia, in questa stagione confusa e tremenda, sembra allontanarci dalla speranza in un futuro possibile. E infatti la tentazione, del tutto comprensibile, è quella di affidarsi a chi dice di voler mandare tutti a casa, spezzare ogni legame con il passato, e persino con il presente. Ma il nostro è un Paese nel quale le rivoluzioni non sono mai avvenute, perché è sempre prevalso il trasformismo, l’accomodamento ragionevole, l’utile personale.
Il gruppo di amici, quelli che possono sinceramente ritenersi estranei a questa melma dilagante, devono invece fare uno sforzo in più per non cedere allo scoramento. Dobbiamo continuare a fare la nostra parte, nel volontariato, nelle imprese sociali, nel lavoro, nella comunicazione, persino nelle relazioni umane. Il silenzio aiuta solo gli sciacalli.
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