Politica

L’Indignato Sociale

di Franco Bomprezzi

Confesso che questa volta non ho avuto coraggio. Dopo aver letto il sorprendente post di Riccardo Bonacina “Chi se ne frega di Daniza” ero tentato di cliccare “mi piace” e di condividerlo sulla mia pagina di Facebook e di Twitter. Al di là del titolo volutamente provocatorio, trovavo e trovo molto convincente larghissima parte del suo ragionamento. Io, per il mio carattere, sarei stato più sfumato, magari non cerchiobottista, ma insomma avrei tentato di non tirarmi addosso l’ira funesta degli indignati sociali. Però dentro di me e parlandone con chi mi sta vicino, avevo espresso la medesima insofferenza per l’enfasi del tutto esagerata che per alcuni giorni è stata garantita dai media di ogni genere a una vicenda sicuramente triste e sfortunata, ma comunque da ricondurre in una dimensione accettabile, senza toni minacciosi e richieste forcaiole. In realtà non ho cliccato “mi piace” e non ho condiviso il post perché ho temuto la valanga degli Indignati Sociali, che mi avrebbe travolto di sicuro (e magari lo farà adesso) e in quel momento non avevo neppure il tempo per seguire personalmente gli effetti di una semplice e umanissima solidarietà professionale con il direttore editoriale di Vita.

Non voglio entrare adesso nel merito della questione che in effetti, come ampiamente previsto, è già in parte scesa di peso e di attenzione. Personalmente mi sono fatto l’idea che siano stati commessi tanti piccoli e grandi errori, distribuiti nel tempo e nello spazio, nella gestione assai complessa di un equilibrio ecologico ed etologico difficile ovunque, Trentino compreso. Ma da qui a chiedere, ad esempio, le dimissioni del ministro dell’Ambiente ce ne corre. Minacciare il fungaiolo spaventato è al di là di ogni ragionevole dubbio un esempio di totale idiozia e inciviltà. Discutere seriamente del caso è certo possibile, protestare anche, ma non in questo modo. E qui vengo alla mia considerazione e al titolo del mio post: l’Indignato Sociale.

Ho l’impressione che ormai stia diventando quasi un’occupazione stabile. A colpi di hashtag si combattono ogni giorno battaglie e guerre planetarie per i motivi più disparati, e quasi sempre per sostenere cause delle quali si conosce poco o niente, mossi solo da un video, da una foto, da una frase, da una catena di Sant’Antonio alla quale non si riesce a sottrarsi pena la perdita inconsolabile di amicizie virtuali e magari persino reali. Il flusso costante di richieste di firme per le petizioni più incredibili è un fenomeno che si alimenta come un Moloch insaziabile. Facebook e Twitter agiscono a tenaglia e colpiscono senza tregua, di giorno e di notte. Occorre molto sangue freddo, contare fino a dieci e anche oltre, per riuscire a rimanere indenni, e non cadere nelle trappole disseminate ovunque. L’indignato sociale sa come farti sentire in colpa, o in ritardo. Invia il medesimo messaggio a una lista lunghissima di contatti, tecnicamente li “tagga” in modo tale che tutti possano vedere chi è stato coinvolto (in barba a qualsiasi rispetto della privacy…). Nei flussi di messaggi privati su facebook si è costretti spesso ad “abbandonare la conversazione” ben sapendo che così si viene smascherati ed esposti al pubblico ludibrio. L’ingresso di “messenger” come strumento di gestione dei messaggi di facebook sugli smartphone ha se possibile peggiorato le cose, rendendo insopportabile l’applicazione (che infatti ho disinstallato immediatamente).

Il meccanismo dell’Indignato Sociale è potente e violento: chiunque si dissoci o almeno prenda le distanze da cause che forse all’origine potrebbero anche essere condivise, ma non in termini spesso arroganti o addirittura palesemente volgari, è sotto scacco e sa già che subirà l’anatema e l’aggressiva protesta dei Difensori Della Causa Giusta. Il fatto è che quasi mai questo spropositato spiegamento di mezzi virtuali di convincimento, questa coscrizione di massa, ha un esito pratico e risolutivo rispetto al tema che di volta in volta viene messo in campo. Non riesco, ad esempio, a immaginare le modalità concrete di boicottaggio del Trentino. Niente più speck sulle nostre tavole? E lo strudel? I vini friulani sì, quelli della Val d’Adige no? Niente vacanze in montagna? E poi se in tanti, magari animalisti convinti, perdono il lavoro, che si fa? Insomma, io scusate ma non me la sento. Mi spiace moltissimo per la sorte di Daniza, a differenza di Riccardo Bonacina. E spero che i suoi piccoli se la cavino e crescano sani e felici. Ma non ce la faccio ad occuparmi seriamente anche di questo.

E neppure voglio costringermi, per richiamare l’attenzione su temi a me più consoni (magari, per dire, i diritti negati delle persone con disabilità) a gesti clamorosi o a raccontare storie tremende e commoventi. Vorrei un mondo nel quale, ogni tanto, anche gli Indignati Sociali si riposino e vadano in vacanza. Abbassiamo l’hashtag, per favore. Restiamo umani. La partecipazione è una cosa ben diversa. Ma non si spiega in 140 caratteri.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.