“Ma un buon arrivederci a settembre non può bastare??” si chiedeva giorni fa un’amica su Facebook. Sono assolutamente d’accordo con lei: il mese di chiusura di scuole e asili è diventato sconvolgente.
Feste di fine anno, recite, tornei sportivi, pic nic, pizzate, regalini alle maestre: non hanno ancora compiuto sei anni e hanno già un’agenda schedulata come Lady Gaga.
Mi consolavo pensando che –almeno- la mia bambina più piccola, che ha 17 mesi e frequenta l’asilo nido, non avrebbe avuto alcun appuntamento. Invece no. Tra qualche giorno farà la gita di fine anno (con genitori al seguito).
Personalmente non trovo nulla di entusiasmante in una ventina di nani con il pannolone che vengono issati su un autobus diretto in Brianza…comunque sto preparando la cosa tipo sbarco in Normandia, con uno zaino dotato di antizanzare, pannolini, salviettine, omogeneizzati, crema solare…(solo l’elenco mi fa venire i brividi, quindi sospendo).
Gli altri due figli, che fanno la scuola materna, in questi giorni sono stati/sono chiamati ad affrontare, nell’ordine: una festa della scuola (a partire dalla mattina) con grigliata e torneo di calcetto. Una recita scolastica. Una pizzata serale con le famiglie. Un pic nic domenicale sempre con compagnetti e famiglie.
Non parliamo dei tornei/saggi sportivi di fine anno. Sarebbe bello se riguardassero solo la squadra o il gruppo frequentato tutto l’anno, ma certo non è possibile perché le società accorpano bambini e ragazzi di diverse età in una specie di non stop di esibizioni, sfide e premiazioni globali, il tutto in una calca infernale di padri, madri, cugini, nonni…
La fatica non risparmia nessuno: mamme che infilano collanine il sabato pomeriggio o che infornano torte a mezzanotte, papà che si travestono per la recita di fine anno, che si improvvisano allenatori di calcio. E’ una situazione che ti risucchia, non sai più se è bella o brutta. Personalmente, la mia angoscia più grande è quella di dimenticare (ma soprattutto sovrapporre/confondere) tutti gli eventi, che hanno embargato i prossimi week end e funestato la relazione di coppia (si fa sasso-carta-forbice per decidere chi accompagna chi).
E poi c’è il capitolo spinoso dei regali alle maestre. Sono figlia di una maestra elementare e so quanto un insegnante appassionato apprezzi questi ricordi (mia madre custodisce con orgoglio i quadretti, le foto, i lavoretti dei suoi ex alunni). Ma i tempi sono cambiati e ora alle maestre si regalano buoni per fare week end, per andare alle terme, borse e braccialetti.
Vorrei sapere quando è iniziata questa escalation (forse negli anni Ottanta). Siamo in tempo di crisi, urge un atteggiamento più sobrio, anche se non è facile invertire la rotta. Una foto con le firme dei bambini, per dire, potrebbe essere più apprezzata di qualsiasi altra cosa.
Il senso del ringraziamento dovrebbe spostarsi dall’importanza del regalo al suo significato, che alla fine è: “Ti vogliamo bene, siamo diventati grandi e tu ci hai tenuti per mano. Ci mancherai”. E poi, davvero, arrivederci a settembre.
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