Famiglia

Cancro, in trincea per gli adolescenti

di Benedetta Verrini

Penso che non esista paura più grande, per un genitore, della malattia di un figlio. Per questo è impossibile non sentirsi coinvolti e partecipi rispetto alle campagne di sostegno dei bambini e delle famiglie che vivono questa esperienza.

Oggi Papa Francesco incontra in udienza oltre un migliaio di piccoli e ragazzi ammalati di tumore, insieme ai loro genitori, arrivati da ogni parte d’Italia, nell’ambito di una serie di eventi legati alla XII Giornata Mondiale contro il Cancro Infantile, che si terrà sabato prossimo, 15 febbraio.

In Italia viene promossa grazie a una collaborazione tra famiglie e medici (da Fiagop Onlus, la Federazione delle associazioni di genitori oncoematologia pediatrica in collaborazione con l’Aieop, la sigla che riunisce gli oncologi pediatrici), e quest’anno la Giornata s’impegna a parlare soprattutto di adolescenti.

“Vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che per gli adolescenti e i giovani adulti che oggi si ammalano esiste un problema di accesso alle cure di eccellenza rispetto ai percorsi dei più piccoli. Un ragazzo ammalato, di fatto, ha minori probabilità di guarigione di un bambino”, spiega Angelo Ricci, presidente di Fiagop.

Ogni anno in Italia si ammalano circa 800 adolescenti tra i 15 e i 19 anni e 1000/2000 giovani adulti. Secondo statistiche internazionali, parametrate sui principali tumori infantili, gli adolescenti hanno dal 17 al 35% di possibilità in meno, rispetto ai bambini, di sopravvivere.

“Le maggiori cause di questo fenomeno sono legate a un ritardo nella diagnosi”, prosegue Ricci, “Perché gli adolescenti parlano di meno con i genitori, nascondono i sintomi, arrivano dall’oncologo piuttosto tardi”. E poi, una volta nel percorso sanitario, rischiano di trovarsi in una “terra di nessuno” tra il mondo dell’oncologia pediatrica (dove esistono limiti all’accesso per età superiori ai 16, ma a volte anche ai 14 anni) e il mondo dell’oncologia medica per adulti, dove è minore l’esperienza medica sulle patologie rare legate a questa fascia d’età.

Appena il 10% di questi ragazzi viene curato nei Centri di Oncoematologia pediatrica, pur presentando tumori tipici dell’età infantile”, sottolinea il presidente Fiagop. “Gran parte dei Centri di cura, poi, prevedono spazi e programmi pensati per i bambini, ma per i più grandi servono spazi e personale attrezzati per una fase d’età complessa, in cui gli interessi e le passioni, la vita quotidiana, la percezione di se stessi sono in continua evoluzione e richiedono ascolto e un’attenzione adeguata”.

Gli adolescenti sono pazienti particolari, il trauma della malattia va trattato in modo specifico e deve essere inserito in un percorso d’eccellenza: per questo Aieop ha istituito una specifica Commissione Adolescenti che analizza i loro bisogni e considera cruciali il supporto psicologico, la continuità di scuola e studio in ospedale, i programmi per il mantenimento della fertilità e l’accesso alle cure dopo la terapia e la guarigione. Nell’ambito di questa campagna di advocacy, medici e genitori hanno trovato importanti alleati nel non profit, tra cui Dynamo Camp, che accoglie gratuitamente bambini e ragazzi legate alle associazioni territoriali Fiagop e collabora con Aieop nella formazione dei propri volontari.

In Italia esistono due progetti locali dedicati ai teenager: l’Area Giovani del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, attivata nel 2007 (www.areagiovanicro.it) e il Progetto Giovani della Pediatria Oncologica dell’Istituto dei Tumori di Milano (www.ilprogettogiovani.it e www.infoadolescentitumori.it) istituito nel 2011.

La malattia di un figlio è come un lungo viaggio”, commenta Angelo Ricci. “Ti porta a volte lontano da casa, lontano dal sostegno della famiglia e degli amici, ti allontana dai ritmi consueti del lavoro, ti fa soggiornare in case sconosciute. Per fortuna, tante famiglie incontrano le associazioni locali. Genitori che hanno vissuto la stessa esperienza, che insieme ai volontari sono pronti a farsi carico dei tanti bisogni psicologici, economici, relazionali, logistici. Io ho vissuto il percorso di malattia di mia figlia. Dopo la sua scomparsa nel 1993, ho sentito come un debito, un dovere nei suoi confronti, l’impegno all’interno dell’associazione e oggi l’incarico di presidenza della Federazione. Ognuno di noi, con la sua storia, si mette in gioco per una cosa sola: aumentare le possibilità di guarigione dei piccoli che si ammalano e ridurre sempre di più le disuguaglianze nell’accesso alle cure che, in ambito europeo e internazionale, sono ancora inaccettabili”.

Appuntamento il 14 febbraio a Torino per il convegno “Adolescenti e giovani adulti ammalati di tumore: guarire di più, guarire meglio” a partire dalle 10.30 presso il Museo Internazionale dell’Automobile, Corso Unità d’Italia, 40.

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