Non so voi, ma in questi giorni non posso aprire un social network o un giornale senza che si parli di Marianna Madia. Quant’è raccomandata Marianna Madia (Odifreddi docet), com’era il premaman del giuramento di Marianna Madia, Marianna Madia guardava Peppa Pig quando ha ricevuto “la telefonata”, Marianna Madia è il santino perfetto per un governo smarty, ma non farà nulla.
Tutto questo accanimento faccio fatica a capirlo. Soprattutto perché penso ai molti signori uomini che hanno impunemente scaldato una poltrona, in questi anni, senza subire linciaggi. Ma l’aspetto che più mi fa arrabbiare delle critiche alla Madia è la sua condizione di donna incinta.
Tutti a strapparsi i capelli chiedendosi come farà…si prenderà la maternità? Abbandonerà la creatura in mani estranee per andare al lavoro? In ogni caso, sbaglierà!
E tutta la retorica sull’Italia che adesso proprio ha bisogno di gente che lavori, mica che si metta subito in maternità…accidenti, proprio un paese di allenatori e padroni, eh?
Come le peggiori figure di capi che fanno mobbing, che “rottamano” le donne divenute madri come se fossero incapaci di fare due cose contemporaneamente (anche se in realtà imparano a farne duemila). Con buona pace di anni di retorica sulla conciliazione, nidi nei luoghi di lavoro, statistiche preoccupate sulle donne che abbandonano il posto dopo la nascita del figlio…
Come possiamo voltar pagina, come possiamo dare qualche speranza alle donne di questo paese se non siamo in grado di accettare una ministra con il pancione?
Non è che la Madia sia la prima, a dire il vero.
La più clamorosa era stata la pancia di Rachida Dati, ministra dell’esecutivo Sarkozy, nel 2008, con un dicastero “pesante” come la Giustizia e un’assenza di compagno che aveva scatenato gossip su gossip. Cosa rispondeva lei quando le chiedevano cosa avrebbe fatto alla nascita del bambino? “Niente pause, non ce n’è motivo. Non è mica una malattia!”. Ed ecco che cinque giorni dopo il parto, con un bel tacco nove e una grinta da stendere l’intero paese, la Dati è tornata a fare il Guardasigilli.
Senza toccare questi vertici di rigore e tornando in Italia, nel 2010 la ministra dell’Istruzione Mariastella Gelmini è diventata mamma e ha ripreso a lavorare da casa appena una manciata di giorni dopo il parto (e ha anche suscitato polemiche, a dire il vero, dicendo che restare a casa dopo il parto è un “privilegio”. PS: grazie Mariastella, così non ci hai reso un gran servizio…).
Penso che restare ad accudire il proprio figlio neonato sia un diritto irrinunciabile di ogni donna. Però anche il lavoro è un diritto, oggi troppo spesso scippato a tante donne che vorrebbero, che hanno bisogno, di lavorare. Per se stesse e per la loro famiglia. Se messe in condizione di farlo, le donne possono conciliare.
Se nei polverosi uffici dei ministeri romani si ponesse più spesso un problema “di gioventù” come quello dei bambini e delle lavoratrici madri, se si cominciasse a pensare che esistono, anche se sembrano scomode, forse qualcosa cambierebbe davvero.
Io non conosco la Madia, le auguro di far bene il suo lavoro. E un pochino, da quando tutti le sparlano addosso, ho iniziato a fare il tifo per lei. Perché se riuscirà a dimostrare, a dispetto di tutto, che si può lavorare, essere in gamba e fare anche la mamma, sarà una testimonianza per tutte le donne italiane che lavorano e, educando i loro figli, crescono un’Italia migliore.
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