Famiglia

E voi come vi sentite?

di Benedetta Verrini

“Dopo aver letto questo articolo mi sento…” chiede il sistema del Corriere, quando sfogli le notizie online. Io non lo so come mi sento. Non mi basta una faccina per descrivere quello che provo di fronte all’interminabile carrellata di orrore che ci ha riservato questa estate.

Un incubo giornaliero, che non ti lascia quando chiudi il giornale, quando spegni la tv. Guardare le immagini di queste persone in fuga, che approdano dove possono con i loro bambini, rende sempre più difficile affrontare la quotidianità, vivere la nostra “normalità”.

Non è più possibile fingere che vada tutto bene. Basta fare una ricerca per immagini su Google, usando come parole chiave “Ungheria” e “migranti”. Guardate quelle famiglie che affollano le stazioni, che strisciano sotto al recinto di filo spinato, che si passano bambini di pochi anni al di sopra delle barriere, che fronteggiano un assalto della polizia.

Come ha scritto splendidamente Ferdinando Camon, dalle pagine di Avvenire , proprio analizzando la paura nei volti di quei piccoli, “Ci sono più rivelazioni nella faccia di un bambino, che nel racconto di un intero tg”.

Ma quello che non mi dà pace, oltre alla paura dei loro sguardi, oltre alle lacrime, è la loro straordinaria somiglianza. Che cos’hanno di diverso dai nostri? Hanno giubbotti colorati, codine di cavallo. I papà li tengono a cavalcioni sulle spalle: potrebbero quasi essere di ritorno da una gita, se non fosse che stanno camminando a migliaia lungo un binario. Perché allora non potremmo esserci noi, con i nostri figli? Come è possibile accettare – da cittadini, da europei, da madri e padri – che siano trattati così?

Come trascorri la giornata con la tua famiglia, dopo aver visto le immagini di altri bambini che vengono terrorizzati alle frontiere della famosa Unione Europea, che muoiono nel nostro mare o in un maledetto tir abbandonato lungo una strada dell’Austria? Hai davvero voglia di chiacchierare con la vicina e chiederle come sono andate le vacanze in Carinzia? Puoi davvero spendere ansia per l’inizio delle scuole o per l’iscrizione in piscina? Per il guardaroba dell’autunno?

Come facciamo a proseguire, rispetto a questo che mi sembra un punto di non ritorno globale? Si dice che il benessere di un popolo si misura dalla fiducia che i genitori mettono guardando al futuro dei loro ragazzi. Ma cosa puoi pensare, cosa puoi sperare per l’avvenire dei tuoi, dei loro, di tutti i bambini, quando senti che un maglio spaventoso di guerra, di povertà, di cinismo ci sta schiacciando tutti? Non credo di essere la sola, a provare questi sentimenti. E a desiderare ardentemente che la strada dell’accoglienza – su una scala che va dai nostri cuori fino alle istituzioni – non venga mai sbarrata.

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