Buone notizie. L’Istituto per la ricerca e lo sviluppo sociale delle Nazioni Unite in cooperazione con l’ILO ha organizzato a Ginevra un importante simposio internazionale su “Potenzialità e limiti dell’Economia Sociale e Solidale” (SSE) Oltre 50 panelist, divisi in 9 sessioni, per oltre 700 iscritti, provenienti da tutto il mondo, per confrontare ricerche empiriche, teoretiche, studi di caso e nuove proposte di lavoro sulla Economia sociale, assieme a dirigenti e responsabili delle maggiori agenzie del sistema delle Nazioni Unite.
Una tesi centrale, soprattutto in tempi di crisi, il ruolo della SSE e la gamma di attività dei suoi attori stanno crescendo ovunque, in termini di modelli e di successo. Questo pone sfide crescenti in termini normativi e di modalità di cooperazione con le strutture pubbliche e con gli attori del mercato privato. Ciò necessità di sforzi non solo di organizzazione, ma anche di rielaborazione e di confronto, per mettere meglio a fuoco paradossi e contraddizioni, ma anche e soprattutto tesi e proposte di ciò che, nella sua introduzione ai lavori, il Direttore generale dell’ILO ha definito come “un movimento mondiale, che può certamente contribuire a rispondere alle 4 maggiori sfide individuate dall’ILO: rispondere alla crisi economica con nuovi modelli di crescita; creare buona occupazione per i giovani; dare risposte credibili all’uscita dall’economia informale per un lavoro decente per tutti; consolidare le forme di organizzazione dello spazio rurale della sicurezza alimentare nel mondo”
Sarah Cork, direttrice dell’UNRISD, ha affermato che “non siamo certo qui a fare dibattiti ideologici o dell’idealismo da terzo millennio”, ma – ha proseguito Paul Singer, Segretario nazionale per l’Economia Solidale del Brasile, “la SSE è oggi una alternativa credibile, su scale mondiale, al capitalismo selvaggio di mercato” che ha ormai dimostrato tutti i suoi limiti e sfida l’economia, ha affermato José Luis Coraggio, Accademico argentino, a ritrovare il senso delle sue vere origini, che non è solo la migliore allocazione di risorse scarse, ma la “produzione e riproduzione di condizioni eque e decenti di vita per tutti e per ciascuno, recuperando la complessità dell’economia”.
Tra le relazioni introduttive, mi ha molto colpite quella di un sociologo indiano, Anup Dash, leader di una ONG indiana, il quale ha affermato che il tempo presente è quella crisi delle 3 “E” – Ethics, Economy, Environment -, che sfida le 3 “D” – Democracy, Diversity e Development – finendo per scoprire che la risposta più efficace sta nelle 3 “C” – Community, Cooperation and Collective/Civic Action. Queste tre “C” diventano la fonte di una nuova epistemologia dello sviluppo, che postula l’assunzione ontologica dell’homo sociologicus e dell’homo reciprocans, contro il positivismo dell’individualismo metodologico che ha informato tutte le dominati teorie sociali ed economiche. Un quadro affascinante su cui fondare una diversa globalizzazione….
Il panel specifico che ho presieduto, riguardava il ruolo della SSE nel futuro dei sistemi di welfare e nell fornitura dei servizi sociali. A me è toccato presentare brevemente il “caso Europa” e quanto si sta muovendo, mentre altri 4 interventi hanno sviluppato dimensioni di altri continenti. Molto stimolante il caso studio presentato da Ms. Ananya Mukherjee, dell’Università di York, sulla vera e propria success story di Kudumbashree, nello Stato del Kerala in India. Una iniziativa socio-economica unica, che coinvolge 4 milioni di donne, che in gran parte vivono al di sotto del livello minimo di povertà, nello stato più ricco dell’India e che si sono organizzate in oltre 200.000 gruppi di prossimità, che eleggono poi due diversi livelli organizzativi, per permette loro di gestire produzione e distribuzione di beni economici e di servizi e, attraverso il terzo livello, di contribuire in modo efficace anche alle politiche dello Stato. Così come è impressionante il cammino che si sta svolgendo in Africa, dagli anni ’90 ad oggi, nella progressiva creazione di sistemi di mutue, per garantire ad oltre l’80% della popolazione del continente l’accesso a servizi sanitari di base, secondo gli standard definiti dall’OMS. La ricerca presentata da Benedicte Fontenau, dell’Università di Lovanio, dimostra la vitalità degli attori della SSE in quel continente così vicino all’Europa ma così lontano dalla nostre attenzioni. Infine, il caso del “welfare mix” costruito in Uruguay, dopo la spaventosa crisi economica e il default dello Stato nel corso degli anni ’90. La ricerca presentata da Ms. Cecilia Rossel, dell’Università Cattolica dell’Uruguay, ha ben evidenziato le potenzialità del sistema ma anche i rischi di burocratizzazione e blocco dell’innovazione.
Due lezioni da questa Conferenza di alto livello, che intende porre le basi per una azione successiva di ricerca e networking internazionale e forse anche di un programma speciale dell’ILO da discutere ad uno uno dei prossimi Governing Council dell’organizzazione. La prima: la realtà internazionale esprime oggi una vitalità di impegni e di modelli di economia sociale che fa ben sperare, per le sorti di una economia più al servizio dell’uomo, per il raggiungimento dei grandi obiettivi del millennio e per un livello più maturo di riconoscimento del protagonismo delle organizzazioni sociali ai diversi livelli. La seconda: le nostre organizzazioni sociali, sia le ONG impegnate nella cooperazione allo sviluppo, sia le organizzazioni impegnate nel ridisegno del welfare italiano ed europeo avrebbero tutto da guadagnare raccordandosi maggiormente con questi movimenti, sia in termini di confronto che di collaborazioni operative.
Per saperne di più sulla conferenza, scaricare le relazioni e conoscere il seguito, www.unrisd.org/sseconf
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