La storia di Gaudiel, di una maglia da calcio. E di una fotografia

di Antonio Amendola

Questa è una delle storie che S4C ama raccontare.

Una piccola storia; un ragazzo che vive in un minuscolo villaggio del Chiapas; una famiglia povera, poverissima, la cui vita viene improvvisamente stravolta ma che trova sollievo in un gruppo di medici volontari; una storia in cui l’impegno di una fotografa, di una fotografia e di una maglia da calcio si incrociano per fare la differenza.

Conosco solo una persona in grado di raccontare una storia come questa, e di viverla convincendo anche noi ad entrarvi con un ruolo attivo: Eva Quesada di S4C Messico.

Antonio

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Shoot 4  Love, Shoot 4 All

(di Eva Quesada/S4C Mexico)

La Signora Panchita ha il mare negli occhi. Non per il colore ma per la calma delle sue acque che a volte possono diventare onde enormi. La Signora Panchita ha la pelle di papiro, le sue morbide rughe segnano i sentieri di una storia. Le sue mani sembrano guanti logorati dal tempo e dal lavoro.

È impossibile non emozionarsi davanti a così tanta bellezza sparsa per le vie di Chiapas. È impossibile non emozionarsi quando vedo la Signora Panchita guardare fuori dalla finestra che dice: “Io mi sento sana perché butto i miei sospiri all’aria”. Da dove? Da dove scaturisce tanta saggezza? È forse scaturita dalla contemplazione della sua vita,  in un momento in cui si acuiscono tutti i sensi? È forse la conoscenza delle cose, basata sull’emozione che li collega ad una sensibilità assoluta? O è forse la saggezza ancestrale che stiamo lentamente perdendo noi, animali di città, abituati già a sopravvivere al un ritmo sfrenato del traffico,  lavoro,  consumi, notizie, che certamente mutila la nostra capacità di sentire?

La semina, dice la gente di Chiapas, è regolata dalle lune: la semina della terra e la semina delle donne. Perchè anche la donna viene seminata e deve tener conto della luna affinchè il frutto sia buono.

E sì, a volte, credo che qualcosa debbano fare (come tenere il conto delle lune) per la semina dell’amore, perchè ci sono tanti bei frutti in Chiapas capaci di rubare l’anima con un solo sguardo, perché qualche spiegazione logica o mistica debba esserci per tanta perfezione.

Gaudiel è, senza alcun dubbio, un frutto seminato con tutta la precisione del calendario lunare. Secondo sua madre, da bambino, era inquieto e rispondeva male quando lo  rimproverava, però poi, dice “si stringeva alla mia gonna e io gli davo una tortilla tostata con limone”.

Crebbe come i bambini chiapanecos, pieno di sogni tra campi di mais e caffè, trovando giochi perfetti su in montagna. Voleva andare all’università, ma i bimbi nella Sierra sono giovani adulti che crescono con la consapevolezza della propria condizione, il rispetto per le proprie origini e la storia segnata sulle braccia.  Così ogni mattina prima che il sole si alzasse nel firmamento, Gaudiel lavorava nel campo spalla a spalla con suo padre. L’ometto di casa, una volta finita la giornata di lavoro, lasciava la zappa per tornare alla sua infanzia e correre a scuola per essere ancora un bambino.

Un giorno Gaudiel, tornò con un dolore alla schiena, “tardò”, dice sua madre nel “calmarsi”. Però in poco tempo tornò più forte e il dolore lo debilitò. Fu in quel momento che iniziarono il viaggio per la città più vicina dove ci fosse un medico.  Tra passi e passaggi, spendendo una quantità di soldi enorme, partirono mamma, papà e figlio. “Io pensavo” diceva sua madre “che avesse preso freddo, o che gli si fosse storto qualcosa … io pensavo che una pasticca di quelle che danno per i dolori lo potesse aiutare”. Ma no, Gaudiel aveva un tumore.

Il frutto buono, Gaudiel dagli occhi grandi, che nacque con la luna perfetta, aveva un tumore e l’operazione non era sufficiente per salvargli la possibilità di correre tra i campi di grano, rimanendo così, prostrato nel letto.

I genitori vendettero tutto quello che avevano, chiedendo prestiti e cercarono tutti gli aiuti possibili, ma la paralisi vinse la battaglia e prese non solo le gambe di Gaudiel ma anche tutti i suoi sogni e il cuore di sua madre, lasciandola sospesa nel preciso istante che le dissero che suo figlio non avrebbe più camminato.

In un gesto di profonda tristezza, tenerezza e amore, Gaudiel decise che vivere due anni in un letto, erano abbastanza per convicerlo che non aveva molte ragioni per rimanere più tempo li, così decise di smettere di mangiare.

I medici di Partners in Health México entrarono in scena tentando di incoraggiarlo a fare esercizi che gli avessero permesso almeno di muoversi in casa sua con una sedia a rotelle.

E fu così che conobbi Gaudiel.

Cominciammo ad andare a casa sua ogni giorno per convincerlo a fare i suoi esercizi, a ridare alla famiglia i sorrisi che avevano perduto. Tra scherzi, stetoscopi, biscotti e fotografie, i legami cominciarono a stringersi e un giorno Gaudiel confessò la sua profonda ammirazione per una squadra di calcio messicana.

Ritornai a Città del Messico e mi misi in contatto con il signor Alberto Lati, commentatore sportivo, per chiedergli una maglia firmata dalla squadra messicana. Lati non solo ottenne la maglia, ma in più gli mandò una lettera in cui gli offriva di portarlo ad un allenamento a Città del Messico a patto che lui, avesse contraccambiato con gli esercizi, mangiando e, soprattutto, scegliendo di vivere.

La mattina in cui andammo a far visita a Gaudiel per dargli la notizia, i suoi occhi neri diventarono due grandi soli pieni di luce. Leggeva a voce alta e la voce gli tremava. Leggeva e ritornava più di una volta su alcune frasi: “ti invito all’allenamento del Cruz Azul a Città del Messico”… “la vita può essere molto difficile però non sempre tutto è così brutto”… “io ti sostengo”…”io ti sostengo”… “io ti sostengo”…

Questo però non è un articolo per raccontare a voi la storia di Gaudiel, questa è una lettera per rendervi autori della storia di Gaudiel.

In un mondo sommerso da grandi problematiche, a volte è facile perdersi tra le tante cose che vorremmo ma non possiamo risolvere.  Tuttavia, oltre le grandi catastrofi, oltre i grandi problemi, esistono nel mondo centinaia e centinaia di piccole storie che meritano anche solo di essere osservate ed è proprio qui che possiamo intervenire.

Nel tentativo di accorciare le distanze, la sede messicana di Shoot 4 Change unita con la sede di Roma, ha unito le proprie forze per lanciare un’ idea: una maglia che costerà una piccola somma di denaro. Qual è l’idea? Che la persona che compra questa maglia la indossi e scriva un messaggio a mo’ di manifesto per Gaudiel per poi scattarsi una foto che ci invierà.

Il ricavato servirà per portare Gaudiel e sua madre a Città del Messico e dare loro anche un piccolo aiuto economico. Le fotografie, tuttavia, serviranno a far vedere a Gaudiel che sì, ci sono momenti difficili, ma c’è anche molta gente che si può unire per regalargli un giorno di luce vera.

Sono le piccole azioni fatte giorno per giorno che migliorano la nostra vita. Guardiamo Gaudiel e salviamolo dalla tragedia che porta un ragazzo di 21 anni a lasciarsi morire. Iniettiamogli volontà, uniamoci ai medici e che loro gli diano medicine e noi amore, per curare insieme Gaudiel nel corpo e nell’anima.

Tornare a guardare Gaudiel è tornare a vedere noi stessi e salvare quella parte che andiamo perdendo nelle nostre giornate movimentate. Guardare Gaudiel è guardare un segno del mondo al quale bisogna guardare affinché il mondo riparta come si deve.

Facciamo click sulla luna giusta affinché il frutto sia buono e condividiamolo

Shoot 4 love, Shoot 4 all… Shoot 4 Change.

Eva Quesada/S4C Mexico

scrivete a e.quesada@shoot4change.net per ulteriori


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