In un discorso pronunciato l’8 novembre inaugurando il blindatissimo vertice finanziario del G20 (sorta di preludio al ben più importante vertice di Washington del prossimo 15 novembre), il presidente brasiliano Lula ha detto due cose. Primo che nessuno è al riparo dalla crisi economica e che tutti i paesi del mondo ne saranno colpiti. Secondo che i paesi cosiddetti emergenti devono partecipare di più alle decisioni perché il G8 non è più in grado di condurre da solo l’economia mondiale e ci vogliono parter nuovi, a cominciare naturalmente dal Brasile
Per il primo punto basti una breve cronologia delle dichiarazioni di Lula negli ultimi mesi sulla crisi economica.
30 marzo: “Bush, figlio mio, la crisi è tua risolvitela tu”
17 settembre: “Crisi? Che crisi? Chiedete a Bush”
29 settembre: “In Brasile, se mai dovesse arrivare, la crisi sarà minuscola”
4 ottobre: “Là (in Usa ed Europa, ndr) questa crisi è uno tsunami, qui, se arriva, sarà una “marolinha”, una piccola onda che non permette neanche di fare sci (acquatico, ndr)”.
Al secondo punto, ovvero il desiderio di contare di più sul piano internazionale a cominciare da Fondo Monetario, Banca Mondiale e G8 da allargare a G20, ha risposto pochi minuti fa a Lula il ministro delle Finanze tedesco, Joerg Asmussen: “I parametri per l’Unione Europea sono chiari, se uno stato vuole avere un ruolo più rilevante deve anche contribuire di più. Non ci sono pasti gratis”.
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