Il terremoto che ha causato oltre centomila morti ad Haiti ieri sera mi ha ricordato lo tsunami del 26 dicembre 2004. Il pensiero è andato a Galle e alle centinaia di altre città travolte dall'”onda anomala” sia per numero di vittime sia per il “target”, usando un termine economico aziendale, su cui si è abbattuto. Lo Sri Lanka, infatti, non è un poaese facile, anzi, sconvolto com’è stato per decenni da una sanguinosa guerra civile e da una popolazione divisa sia per etnia che per religione.
Per le statistiche delle Nazioni Unite, infatti, Haiti è il paese più povero del pianeta e negli ultimi 5 anni è riuscito a raggiungere un’apparente “calma” solo grazie alla presenza costante e competente di oltre 9mila Caschi Blu Onu, sotto il comando dei brasiliani che in questo breve interim di relativa pace hanno garantito assistenza umanitaria a quelle martoriate popolazioni.
Adesso è arrivato questo terremoto e il mondo si è di nuovo ricordato dell’isola caraibica, dove animismo e woodo vanno di pari passo con una concezione ancestrale del cristianesimo. La speranza è che non duri solo una settimana o poco più.
Dimenticavo, mentre scrivevo sulla tragedia, mi è anche venuta in mente la Fondazione Rava e Nuestros Pequeños Hermanos. A loro un grandissimo abbraccio nella speranza che chi era ieri sull’isola sia ancora tra noi.
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