La decisione del Governo di inserire una franchigia sulle detrazioni e deduzioni relative a donazioni per scopi di pubblica utilità equivale ad eliminare tale incentivo, in quanto la media delle detrazioni è inferiore ai 250€, mentre quella delle deduzioni è di poco superiore. Si tratta di una decisione grave per molteplici ragioni.
Grave innanzitutto perché i beneficiari ultimi di queste donazioni sono soprattutto i soggetti più poveri e svantaggiati, che rischiano così di essere ulteriormente emarginati e penalizzati.
Grave perché gli enti non profit, che rappresentano un’importante opportunità di lavoro soprattutto per le giovani generazioni e che già devono fronteggiare una drastica riduzione dei trasferimenti pubblici, rischiano di vedere ulteriormente ridursi una fondamentale fonte d’entrata, con conseguenze che è facile immaginare.
Grave perché il dono, per sua stessa natura, genera fiducia e relazioni e quindi quel capitale sociale di cui abbiamo un così evidente bisogno per rimettere in moto l’economia e superare la crisi presente.
Grave perché non stimolando le donazioni private si ostacola l’emergere dell’unica alternativa ragionevole alla crisi dello stato sociale, ossia lo sviluppo di una comunità solidale e sussidiaria.
Grave anche per i conti pubblici, dato che un incentivo a favore delle donazioni può mobilitare risorse pari sino a cinque volte il suo costo, risorse che poi vengono, di norma, gestite in modo più efficiente ed efficace rispetto agli interventi diretti della pubblica amministrazione. Il Governo sembra dimenticare come, senza l’attività di prevenzione fatta dal privato sociale, il numero dei casi in cui l’intervento pubblico è imposto per legge non potrebbe non crescere esponenzialmente, con costi per l’erario ben superiori ai risparmi ottenuti riducendo gli incentivi.
Ma ciò che è, a mio avviso, più grave è la sostanziale passività da parte del terzo settore. Che il Governo nel disperato tentativo di far quadrare i conti possa fare degli sbagli è comprensibile, ma che il privato sociale non si mobiliti con tutte le sue energie per evitare tali errori è molto preoccupante ed è un sintomo di come il nostro mondo non sappia ancora organizzarsi e lavorare insieme per conseguire obiettivi comuni nell’interesse di tutti.
Abbiamo relazioni, abbiamo competenze specifiche nella mobilitazione della società, usiamole. Scriviamo e sensibilizziamo i nostri parlamentari e i membri del governo, contattiamo giornalisti e opinion leader, coinvolgiamo le realtà con cui collaboriamo, mettiamo all’opera i nostri volontari, amici, donatori, insomma, mobilitiamoci non per difendere interessi corporativi, ma per garantire lo sviluppo del nostro Paese e costruire assieme una società di cui possiamo essere fieri, magari approfittando di quest’occasione per promuovere quella cultura del dono senza la quale ogni progresso si rivela presto falso, illusorio e sostanzialmente non sostenibile.
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