Secondo la recente giurisprudenza della giustizia amministrativa non sarebbe possibile trasformare un’associazione in una fondazione. L’unica eccezione una sentenza di quest’anno del TAR della Lombardia che ha ammesso la trasformazione di un’associazione che però aveva già la personalità giuridica.
Al di là di discorsi al quanto astratti sull’incomunicabilità di due istituti, istituti di cui in realtà esistono moltissime situazioni in cui di fatto vengono combinati in soluzioni ibridanti, si pensi solo alla diffusione della fondazioni di partecipazione, sembra che la vera ragione che vieterebbe tale transizione sarebbe dovuta al fatto che non ci sarebbe alcuna certezza sull’integrità del patrimonio della neonata fondazione, esposta alle azioni degli eventuali creditori dell’associazione da cui è nata.
Per superare questa situazione la Regione Lombardia, il Consiglio Notarile di Milano e la Prefettura di Milano hanno predisposto un iter procedimentale condiviso, in un’ottica di semplificazione, tutela dei creditori e del controllo di congruità del patrimonio dell’ente trasformando. Si tratta di una decisione lodevolissima e che deve essere plaudita.
Analizzando il documento predisposto sarebbe forse opportuno chiedersi se però anche questo lavoro non sia in qualche modo inficiato dalla presenza di una mentalità molto diffusa all’interno della nostra cultura giuridica e che è forse una delle cause dei tanti problemi che affliggono il nostro Paese. In un nome di un ipotetico abuso si vieta di perseguire una soluzione semplice e lineare imponendone una più complessa ed onerosa, nella speranza che ciò elimini alla radice ogni problema. Nella fattispecie si chiede infatti all’ente di comunicare a tutti i creditori con raccomandata con ricevuta di ritorno la decisione di cambiare forma giuridica e quindi raccogliere il loro assenso o, in alternativa, una dichiarazione in bollo del sue legale rappresentante che attesti che, dopo 90 giorni, nessuno abbia fatto opposizione.
Sembra una richiesta tutto sommato semplice in grado di risolvere il problema. Purtroppo l’esperienza sembra insegnarci che tali soluzioni rischiano di rivelarsi non solo oltremodo onerose, ma anche di generare situazioni non chiare. Forse sarebbe stato sufficiente, oltre a riconoscere, cosa del resto lapalissiana, che l’ente trasformato è responsabile di tutte le obbligazioni dell’ente trasformando, richiedere, a maggiore garanzia dei creditori, che il consiglio d’amministrazione di quest’ultimo si deve impegnare a risarcire in solido gli eventuali creditori dell’ente trasformando qualora il patrimonio conferito si riveli insufficiente a tale scopo, nella consapevolezza che nel caso ciò dovesse succedere, l’autorità governativa dovrà poi procedere all’estinzione dell’ente o alla sua trasformazione ai sensi dell’art. 28 del c.c.
È forse arrivato il tempo di riconoscere come gran parte dei tentativi volti di trovare le procedure in grado di garantire la soluzione del problema stiano rendendo il nostro diritto estremamente tortuoso e inefficace, creando infinti appigli per contestazioni con conseguenze appesantimento degli oneri amministrativi e allungamento dei tempi processuali.
Forse dobbiamo tutti riscoprire il vero significato del diritto che non è strumento pensato per reprimere i potenziali malfattori, non per aiutare i cittadini a vivere in modo ordinato. Se ormai è comune riconoscere nella fiducia il fondamento stesso della crescita, anche economica, di una società, dobbiamo imparare a porla come fondamento del nostro ordinamento salvo poi reprimere chi dovesse tradirla. L’approccio opposto, bisogna riconoscerlo, si sta rivelando estremamente pernicioso, non solo perché inefficace, fatta la legge trovato l’inganno; non solo perché di fatto ostacola con gli oneri che impone l’operatività di chi vorrebbe dare il proprio contributo nel perseguimento del bene comune; ma anche e soprattutto perché rischia di distruggere i fondamenti stessi del vivere civile.
Per questo mi sentirei di chiedere ai responsabili della Regione Lombardia, del Consiglio Notarile di Milano e della Prefettura di Milano, che peraltro ringrazio per il contributo comunque positivo che, con questo lavoro, hanno dato al nostro mondo, se non ci sia modo, proprio in nome del principio di semplificazione che ha ispirato il loro lavoro, per ulteriormente semplificare gli adempimenti richiesti.
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