Politica

Buona morte o buona vita?

di Riccardo Bonacina

Gli echi e la discussione sul caso Englaro e sulla sentenza di primo grado del Tribunale di Milano che autorizza, con istruzioni allegate, a sospendere la nutrizione e l’alimentazione della ragazza, hanno riportato al centro del dibattito il tema della “buona morte”. Tema che già dopo il caso Welby (settembre 2006) aveva acceso la discussione.

Anche in questi giorni su siti e tv gli appelli come quello di Paolo Ravasin, 48 anni, affetto da Sla, affida oggi attraverso un filmato, le sue volontà all’Associazione Luca Coscioni.  O di Marina Garaventa (in questo video la sua situazione ), è malata di Sla e quarantottenne, e settimana scorsa in tutti i Tg ha detto, attraverso un sintetizzatore di essersi “rallegrata“ per la decisione del Tribunale di Milano su Eluana Englaro e ha invitato tutti, vescovi compresi, a non aprir la bocca “per dare aria a sentenze basate su mere teorie filosofiche e moral-religiose”.

Anche questa volta, però, esattamente come nelle settimane del caso Welby, minor fortuna (mediatica) hanno le voci di chi alla rivendicazione di “una buona morte”, oppone quella del diritto ad una “buona vita”, sino all’ultimo istante. Nel settembre 2006 ospitammo su Vita l’appello di Cesare Scoccimarro (vedi articolo) al presidente Napolitano: «Io e Piergiorgio abbiamo una profonda differenza: io voglio vivere, la mia battaglia è quella di far capire alle persone, al mondo, alle istituzioni che la Sla non è una malattia che uccide dopo una media di tre anni, o meglio, lei lo farebbe pure, ma c’è chi come me glielo impedisce. Perché, con la tracheotomia, la sonda nello stomaco e un’adeguata assistenza, si può vivere ancora molto. (…) Rispetto la scelta di chi, come Gianluca Signorini o Luca Coscioni, ha ritenuto “opportuno” non continuare a vivere, rispetto Piergiorgio Welby perché vuole porre fine a una vita che non gli appartiene più. Ma, altrettanto, chiedo che venga rispettata la mia scelta di vivere dignitosamente, a casa mia. Ecco il senso: morte opportuna o vita dignitosa. Caro Presidente, il mio silenzioso urlo rivendica la vita, e non la pura sopravvivenza – tecnica ed in condizioni spesso precarie- come molti sono costretti a subire».

Anche in questi giorni molti gli appelli di coloro che rivendicano il diritto a vivere dignitosamente sino alla fine. Appelli che nessun media riprende ma che potrete trovare nel blog di Marco Espa. Leggete in particolare questo post.

Pensiamo che un media che di nome proprio fa Vita, debba rilanciare questi appelli, perciò uso lo spazio di questo blog.

La politica, le istituzioni e i tribunali prima di disegnare ogni pretesa sulla nascita e sulla morte riaffermino il loro interesse per la vita, riaffermino i loro doveri verso la vita di tutti cittadini.


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