Le strade di Torino, dal Parco Michelotti fino a piazza Castello, ospiteranno domani una manifestazione inconsueta. Sfileranno le ambulanze insieme a tanti volontari. Ma l’emergenza non è questa volta un disastro che la natura, o l’incuria dell’uomo, ha creato, bensì un problema che rimane irrisolto, sotto le macerie -virtuali ma con danni reali- della crisi di fondi delle casse pubbliche.
Da diversi mesi in Piemonte 9.000 volontari di 81 associazioni Anpas chiedono di incontrare l’assessore alla sanità della Regione Piemonte Paolo Monferino e il presidente Roberto Cota “per -affermano- comprendere quali saranno le strategie messe in atto dalla Regione nella rivisitazione del Sistema Emergenza Urgenza 118 piemontese e di tutti i servizi socio-sanitari, a mezzo ambulanza, gestiti in convenzione con il Servizio Sanitario Regionale”.
“Mai silenzio è stato così fragoroso – afferma il presidente regionale Anpas, Andrea Bonizzoli – da oltre un secolo assicuriamo con la nostra opera gratuita di volontari la gestione delle emergenze e sin dalla nascita del 118 in Piemonte siamo protagonisti qualificati e primari del sistema, ma la Regione non sente il bisogno di parlare e confrontarsi con noi su quelle che saranno le scelte che farà e che ricadranno su noi e su tutti i nostri concittadini”.
Stanno arrivando tagli lineari alle convenzioni stipulate fatti con le associazioni, le quali da parte loro non sono contrari a tagliare i costi inutili, ma senza depotenziare, a discapito della cittadinanza, i servizi sanitari primari e di emergenza urgenza.
“I tempi di rimborso -spiega l’Anpas Piemonte– delle spese che sosteniamo e anticipiamo per i servizi resi si allungano sempre di più costringendoci a chiedere consistenti anticipi bancari per far fronte alle necessità quotidiane di carburanti, acquisto e manutenzione delle ambulanze, degli automezzi, delle attrezzature sanitarie, pagamento degli stipendi e degli oneri connessi al personale dipendente. Quest’ultimo, in via assolutamente marginale rispetto all’impegno dei volontari, assicura la copertura dei turni di servizio in orario diurno dei giorni feriali, dove maggiori sono i servizi e minore è la disponibilità dei volontari per motivi di lavoro o di studio”.
I volontari non sciopereranno -danneggerebbero la popolazione e violerebbero la propria mission- ma scenderanno in piazza. Per la prima volta nella loro storia per farsi sentire perchè “tutti elogiano pubblicamente il volontariato per l’opera che svolge ogni giorno in tutti i settori, ma con altrettanta sollecitudine si dimenticano di noi volontari quando diventiamo attori scomodi nel reclamare il rispetto dei diritti di tutti i cittadini“.
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