Mondo
Esclusivo. E Bush scrisse alle ong. Fate una bella invasione anche voi
Il piano è quello di mandare in avanscoperta le truppe umanitarie. Ma cè chi non ci è stato. Unorganizzazione Usa spiega perché.
In America la chiamano hearts and minds strategy, la tecnica di conquistare il cuore e la mente del nemico prima di bombardarlo. Lanciandogli sulla testa razioni alimentari che assomigliano a mine antiuomo, è stata la goffa interpretazione data da George Bush durante la guerra in Afghanistan. Oppure ordinando al proprio esercito umanitario di invadere il Paese nemico prima dei carri armati e delle forze speciali, come la Casa Bianca ha deciso di fare per il conflitto in Iraq.
Il 10 luglio, con due mesi d?anticipo sull?11 settembre, sull?ultimatum di Bush alle Nazioni Unite e sulle foto aeree ai depositi iracheni di armi chimiche. Una strategia che più hearts and minds di così non si può. Esplicitata nella nota pubblica 4062 che il Dipartimento di Stato ha pubblicato il 10 luglio scorso e quindi inviato alle principali ong d?America. Titolo: Humanitarian Assistance Program. Oggetto: invito alla presentazione di progetti di intervento umanitario in Iraq. Budget a disposizione: 6,6 milioni di dollari. Termine per la presentazione: 1 agosto.
Un invito alla solidarietà internazionale che insospettisce la società civile. «Noi l?abbiamo ricevuto il 26 luglio», racconta a Vita Joel Charny, vicepresidente dell?ong Refugees International, «e poiché non prendiamo fondi dal governo, l?abbiamo scartata subito. Ma la tempistica di questa call for proposal ci è sembrata strana: da un lato Bush dichiarava pubblicamente di voler fare la guerra all?Iraq, dall?altro il governo stanziava dei soldi per interventi umanitari nel Paese». Stanziamenti che la Casa Bianca in un primo momento nega e che il 16 agosto, quando l?ammontare esatto della cifra stanziata viene pubblicato sul Financial Times, è costretta ad ammettere.
Un tentativo di rilanciare l?immagine di potenza solidale degli Stati Uniti prima di premere il grilletto? L?obiettivo della Casa Bianca, per Refugees International, unica non profit a essere intervenuta pubblicamente sulla faccenda, rimane un mistero. «Il denaro stanziato, 6,6 milioni di dollari, è poco se paragonato all?impatto umanitario che avrebbe un?altra guerra in Iraq», spiega Charny. «Il Dipartimento di Stato ha dichiarato che gli avanzavano dei fondi e che voleva stanziarli prima della fine dell?anno fiscale, il 30 ottobre. È una spiegazione plausibile, ma i dubbi rimangono». Soprattutto vista la vaghezza di indicazioni sui progetti da presentare: dall?assistenza ai profughi, all?educazione, allo sminamento passando per non meglio specificate opere di sensibilizzazione. Praticamente tutto il campionario dell?umanitario.
Com?è finita? «Sappiamo che 20 organizzazioni non governative hanno risposto alla chiamata del governo, ma non conosco i loro nomi», ammette la Charny. L?unica certezza, a più di due mesi dalla pubblicazione della nota del Dipartimento di Stato, è che «questa iniziativa non ha l?obiettivo di dare un volto umanitario alla guerra all?Iraq: 6 milioni e mezzo di dollari sono troppo pochi perché la gente ci creda».
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