La rassegna stampa dei temi sociali e del welfare oggi è copiosa: potenza della Cgil che tramite il suo sindacato pensionati (Spi) ieri ha lanciato l’allarme contro i tagli nell’annuale studio sulle amministrazioni locali (a proposito: perchè non lo rendono facilmente scaricabile dal sito?).
Il titolo è chiaro: perso il 75% dei finanziamenti al welfare che il governo trasferiva alle amministrazioni.
“A livello locale -scrive il sindacato- la situazione non migliora. Nei Comuni italiani si è infatti registrata una diminuzione della spesa per i servizi sociali in senso stretto nel 2012 del 3,6%. Del 6,8% è stata invece la diminuzione di risorse stanziate per il welfare allargato (servizi sociali, istruzione, sport e tempo libero), con punte dell’11% rilevate in diverse zone del Mezzogiorno”.
Per occhi più attenti la notizia potrebbe essere un’altra: i Comuni tagliano, ma proporzionalmente meno di quello che sarebbero costretti a fare e che il governo li porterebbe a fare. Certo, ogni amministrazione è un caso a sé, ma è innegabile che il welfare locale stia diventando un banco di prova di tutto il nostro stato sociale. Ne è lo snodo principale, seppur più trascurato, e i suoi attori ne dovrebbero assumere maggiore consapevolezza.
Un dato è certo: con la sola (sacrosanta e che deve essere difesa) spesa pubblica non sarà possibile coprire le esigenze di cura e di assistenza a livello locale. Perchè più soldi non ne arriveranno e perchè si può fare molto anche con l’innovazione sociale e la messa a sistema di risorse, progetti e idee. Esiste ormai una letteratura sul tema e i blogger di Vita ne rappresentano un libro aperto.
L’amministratore locale, che sia sindaco, consigliere o assessore, che si occupa di questi temi oggi è solitamente pressato dalle necessità, anche gravi, lavora sotto stress e vive la frustrazione di non aver a disposizione risorse economiche e materiali per fronteggiare le situazioni. Spesso si scontra con impiegati, dirigenti e funzionari inadeguati. Ha in mano strumenti vecchi per lavorare su questioni nuove. Eredita un’organizzazione dei servizi sociali, diciamolo, costosa per l’efficienza che assicura. Ma che ha molte potenzialità. Certo scrivere di fronte ad un monitor di un computer è facile, la realtà è molto più complessa. Ma la sensazione è che se il welfare municipale non cambia, rimarrà solo un piccolo lusso di pochi.
Per uscire dalla frustrazione non servono più soldi, servono nuove idee. Serve più coraggio e più fantasia. Unire le forze sul territorio, esercitare la regia di nuovi progetti, chiedere al privato e al privato sociale di misurarsi e di accettare la sfida. E a chi ha di più, si pensi ad esempio allo sterminato patrimonio di immobili sfitti ed inutilizzabili, di fare la propria parte in un’ottica di equità. Il campo di lavoro è sterminato.
La metafora calcistica ci viene incontro: guardare al welfare come ad una partita da vincere contro i problemi della società. Da un lato del campo abbiamo la squadra dei “problemi”: disagio sociale, problemi abitativi, povertà, problemi causati dalla mancanza di autosufficienza, disoccupazione, difficoltà per le famiglie, per i giovani etc. Dall’altra la squadra “sfidante” degli strumenti di welfare: al centro, da vecchio regista, ci deve essere il Comune, il capitano. Non deve tanto segnare, non deve solo difendere, non gioca 1 contro 11. Il suo compito è quello di far girare la palla, di costruire gioco, di fare in modo che tutti gli altri giocatori diano il meglio di loro. Servirli e spronarli. Metterli nella condizione di dare il meglio di loro. E da capitano, da vecchio buon regista, ha bisogno di coraggio e fantasia per giocarsi il duro campionato che si profila. Non solo per l’obiettivo salvezza, ma per restare nella zona alta della classifica. I pronostici non sono favorevoli, ma può farcela.
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