Volontariato

Il volontariato sotto inchiesta

di Giulio Sensi

Lo scorso lunedì 4 novembre più di due milioni di spettatori hanno visto la puntata di Report, il programma di inchiesta di Milena Gabanelli. Giuliano Marrucci si è occupato di volontariato e controlli delle associazioni. Erano 15 anni che Report non lo faceva e il pretesto è stato quello di andare a vedere cosa succede a due organizzazioni locali di volontariato che fanno parte della galassia delle Misericordie, Viareggio e Pisa, partendo dalla mancata istituzione di un’Authority per il settore (parliamo del terzo?).

Prima viene raccontata la storia di Roberto Monciatti, “padrone” della Misericordia di Viareggio e di diverse altre cose sotto quell’ombrello. Poi il caso, più complicato, dei buchi della Misericordia di Pisa con ingenti e strani intrecci fra volontariato e operazioni immobiliari e non solo. Dalla visione della puntata non è che se ne capisca molto di questi due casi, ma in pochi minuti sarebbe anche impossibile farlo.

Ma guardando il programma ci si chiede ancora una volta come mai si parla del “bene” solo quando viene fatto “male“. Domanda legittima che può dare adito a sfoghi e recriminazioni solitamente destinati a cadere nel vuoto.

Più interessante pare un’altra domanda, anzi un’altra osservazione: forse la degenerazione che c’è stata a Pisa e Viareggio non ha nulla a che fare con i valori del volontariato, ma rappresenta qualcosa di fatto in nome e per conto del volontariato. Ritorna e si riaffaccia prepotentemente la retorica dei “falsi”: onlus, invalidi etc. etc. e l’Italia sembra non voler ancora imparare che dietro ai falsi ci sono i veri: truffatori, approfittatori, malgovernatori, spregiudicati gestori di beni comuni o chiamateli come vi pare.

Fa bene Stefano Zamagni, intervistato da Report, a raccontare cos’era l’Agenzia per il Terzo Settore, specificando che non aveva poteri di Authority. Ma è sbagliata l’idea che Milena Gabanelli alla fine fa emergere, confermando la visione che abbiamo appena esposto, quando dice che “ci si deve fidare perché senza un’Authority che vigili davvero nessuno deve rispondere di niente”.

Aggiungendo poi, per dovere di cronaca, che: “ci saranno sicuramente delle Misericordie dove tutto è perfetto, ma a Pisa 39 dipendenti sono stati mandati a casa”. Il problema allora sono i dipendenti del volontariato che vengono mandati a casa? Ma che sta succedendo allora? Le idee si confondono. Le teste davanti allo televisione cominciano a fumare. L’indignazione cresce, la fiducia cala.

Sapete che succede? Che alla fine chi ha visto Report ha capito che serve un’Authority perché non ci si può più fidare nemmeno del volontariato che ti viene a raccattare per strada quando hai un incidente e che le Misericordie sarebbero torbidi posti dove si usa indebitamente la gratuità a scopi personali. Entrambe queste conclusioni sono sbagliate. Perché se un’Authority è necessaria, come lo è, non è solo per vigilare su un settore “pericoloso”, ma è per aiutarlo a farlo crescere e a salvaguardarlo in coscienza e trasparenza.

Ma ha sbagliato il volontariato, e abbiamo anche sbagliato noi giornalisti e comunicatori, a non parlare di questi casi, a non raccontare lucidamente e senza livori i meccanismi che creano tali situazioni che sono comunque figlie di mamcati controlli. Abbiamo sperato forse di salvaguardare il bene che la maggioranza del volontariato compie ogni giorno dagli usi impropri (che poi bisognerebbe per essere precisi e onesti guardare alla differenza fra impropri e illeciti).

Abbiamo sbagliato perché gli anticorpi si creano quando il corpo reagisce, non quando è chiuso in teche di vetro. Di Misericordie e volontari che prestano egregiamente, generosamente e in modo trasparente la loro opera ce ne sono a bizzeffe, anche nei paesi accanto a quelle raccontate da Report.

E ora non prendiamocela con Report: ha fatto il suo mestiere, ci piace tanto quando lo fa coi potenti e va rispettato quando lo fa con i piccoli poteri locali. Ma pensare che un’Authority risolva tutti i problemi è grave perché significa accettare la visione secondo cui il terzo settore ha bisogno di un organismo che ne vigili l’operato perché è pieno di truffatori e approfittatori. E questo non è vero, come è vero invece che certe volte le classi dirigenti andrebbero cambiate perché sono inadeguate.

Ma è coltivando la fiducia, le relazioni e la trasparenza che si fa crescere e si rispetta il volontariato, è comunicando bene e diventando autorevoli, visibili e affidabili che si preservano i suoi valori. Non diffondendone sospetto a piene mani.  Forse avete, abbiamo, qualcosa da fare per i prossimi 100 anni. Compresa un’Authority.

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