A vedere il video anteprima del programma “Mission“, pubblicato sul blog African Voices, viene da pensare che sia proprio un reality, condito da comparse africane. Anche se la Rai aveva chiesto di non chiamarlo reality, ma esperimento di social tv. Che non vuole dire nulla come ha ben dimostrato Riccardo Bonacina in una puntina dedicata al tema. A giudicare dalle prime gesta di Paola Barale ed Emanuele Filiberto, accompagnati dallo staff di Intersos in un villaggio di una località poco definibile della Repubblica Democratica del Congo, qua non c’è nulla che faccia pensare alla drammaticità in cerca di luce del sole dei “poveri rifugiati” nei campi profughi africani.
Che Mission sia tutto così è presto per dirlo, ma questa pillola confermerebbe il dubbio che ci anima dall’inizio, ovvero che lo scenario africano sia un pretesto esotico per un reality “impegnato” con protagonisti i volti noti della televisione italiana e non i “poveri africani” (scusate nuovamente l’espressione, ma rende l’idea).
Come ben sintetizza il curatore di African Voices, il giornalista freelance Fulvio Feltrami, “il video, anche se di breve durata, mostra una dimensione di finto-reality realizzato a metà strada tra gioco, fiction, isola dei famosi, in una atmosfera familiare, tranquilla e gioiosa impossibile da trovare in un campo profughi. I protagonisti sono solo i VIP impegnati in pseudo-lavori manuali preparati ad hoc che mostrano il lavoro dell’operatore umanitario come banale e che chiunque potrebbe improvvisare, persino Paola e Filiberto“.
Da questi pochi minuti passa un po’ l’idea che la cooperazione sia l’atto di improvvisare qualche semplice opera umana laddove non c’è nulla. Questo confermerebbe, ma per onestà intellettuale usiamo il condizionale, una delle preoccupazioni principali su Mission: la riproposizione di un’idea di solidarietà e cooperazione superata dalla realtà, capace in fondo solo di replicare vecchi luoghi comuni.
Poi il contesto: non vorremmo che per gli ideatori e curatori del programma qualsiasi villaggio africano fosse inteso come un “povero campo profughi”. Non è così e lo sa bene chi fa cooperazione, diversi sono i contesti e diversi i bisogni, nonché le risorse da attivare.
Ancorai una domanda che stiamo ponendo alla Rai: l’ideazione e realizzazione del programma è portata avanti dalla Rai stessa insieme alla società Dinamo Comunicazioni Srl. Visto lo sfondo etico del programma e i costi già resi noti dal direttore di Rai 1 Giancarlo Leone, sarebbe un atto di trasparenza apprezzabile rendere noti i contenuti dell’accordo economico fra Rai e Dinamo Comunicazioni.
Infine qualche informazione sul programma: il nodo della conduzione è stato sciolto e verrà affidato a Michele Cucuzza e Rula Jebreal. Mission andrà in onda il 4 e il 12 dicembre. Ci auguriamo che il mondo della cooperazione italiana stia collegato e alimenti intelligentemente il dibattito.
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