Il pretesto sono le immagini passate dalle telecamere di sicurezza. Ma non mostrano gesti di violenza, situazioni tristi o indicibili crimini. Riprendono scene paradossali di ordinario eroismo, azioni semplici e belle che fanno credere in un mondo migliore. Ladri di baci, malati di musica, soldati disarmati borseggiatori onesti, trafficanti di patatine, attacchi di amicizia, di amore di gentilezza.
E ancora bande armate di altruismo, pompieri per un giorno, ribelli contro il razzismo e gente matta di allegria o follemente eroica. Tutto questo è uno spot che costa probabilmente pochi euro e che sta andando in onda in questi giorni sui canali nazionali.
Non lo propone una rete di associazioni di solidarietà, né realtà avanzate del terzo settore, tanto meno geniali organizzazioni di volontariato. Lo regala la Coca Cola, multinazionale che già in passato, come insegna l’amico sociologo Andrea Volterrani, ha stupito per la sua capacità di raccontare semplicemente con i suoi spot i lati belli e nascosti del mondo.
Spesso la Coca Cola è criticata per le sue condotte di multinazionale e perché i suoi prodotti non fanno proprio bene alla salute. Ma parte della sua comunicazione promozionale è una vera e propria lezione anche per il mondo che si definisce ancora non profit o terzo settore.
Quel mondo continua a non capire che non servono immensi budget di comunicazione per promuoversi e per mettere in circolo messaggi positivi e di speranza. Servono le idee, le quali però arrivano solo quando il cervello è ben ossigenato e quando si ha voglia di investire nella comunicazione in maniera innovativa e originale. Di questi tempi è difficile respirare nelle mille cose da fare e sfide da giocare. Ma perché lasciare la Coca Cola da sola a infondere fiducia e costruire civiltà con semplici prodotti di comunicazione?
Suvvia, impariamo dalla Coca Cola una volta tanto. Mettiamo anche noi un po’ di bollicine nel nostro agire.
Telecamere di sicurezza, lo spot della Coca Cola
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