Non chiederti solo cosa il governo possa fare per il volontariato, ma anche cosa tu, volontario, puoi fare per il tuo mondo. Un po’ banale, ma forse un’ottima sintesi della giornata di ieri a Lucca. Di retorica se n’è vista davvero poca rispetto a quello che si poteva, mentre i media hanno riscoperto anche la voglia di raccontarlo quel mondo, nella sua disarmante semplicità.
Non c’era solo la politica “che conta”, c’erano le associazioni che operano. L’amico Paolo Venturi l’ha twittato ieri non a caso: ripartire dal dono, è la questione da porre quando il volontariato, come in questi giorni, riesce ad uscire dal fiume carsico. È una storia vecchia, ma ancora tremendamente attuale.
C’erano tutti i riflettori puntati e dell’intervista di Matteo Renzi a Lucca al Festival del Volontariato hanno parlato quasi tutti i mezzi di informazione italiani. Le modalità di costruzione di questo evento hanno facilitato la prepotente riemersione del dibattito sul ruolo del volontariato in Italia.
Lo ha ricordato Edoardo Patriarca aprendo l’incontro: era dal 1998 che un presidente del Consiglio non incontrava direttamente il mondo del volontariato. Renzi lo ha fatto a viso aperto, davanti a 1500 persone. Molti di quelli che erano in sala non masticavano il 5 per mille, il servizio civile, la normativa del terzo settore e tante altre belle cose su cui Riccardo Bonacina ha chiesto a Renzi di confrontarsi. Senza fare sconti di domande.
Forse alcuni sono rimasti delusi dall’essere costretti ad ascoltare per un’ora il presidente del Consiglio confrontarsi sui valori e la dignità del volontariato e dell’intero terzo settore. Magari si aspettavano un po’ di gossip politico. Molti si sono sorpresi di fronte all’importanza, ignorata prima, di cose apparentemente lontane. Ma l’incontro con il premier non è stato uno show o una parata. E non è stato nemmeno un tavolo di confronto in cui il volontariato chiedeva provvedimenti specifici a proprio vantaggio. Non nasceva per quello, né al tavolo era rappresentato il volontariato italiano.
È stato prima di tutto un’occasione che il Centro Nazionale per il Volontariato, Vita e Renzi hanno dato all’Italia di accorgersi che troppo spesso manca qualcosa nelle cronache quotidiane e nell’attenzione della politica. È vero, su alcune questioni il premier è stato un po’ evasivo: sul servizio civile (voglio quello universale, ma senza dire come e quando) e sul cinque per mille (basta alla logica del tetto, ma non è detto che si risolva con una legge specifica).
L’impressione però è che pur in mezzo a mille altre priorità di un governo appena nato e con montagne di aspettative da scalare, Renzi e i suoi abbiano già “messo la testa” seriamente sul terzo settore. E non solo perché in realtà è il primo -per valori e storia e presente-, ma perché una riforma organica, il cui ddl è stato annunciato ieri da Renzi per maggio, fa pienamente e integralmente parte di un’azione riformista a più livelli. Come dire: il paese si riforma insieme al volontariato.
Il campo si allarga bene: detta in altre parole, e lo snodo di tutto è proprio l’impresa sociale, il terzo settore sta conquistando un posto di primo piano nel panorama delle troppe riforme fino ad oggi bloccate e le sue problematiche sono viste dal governo non come singole questioni a cui rispondere, ma come parte del grande disegno riformista su cui scommettere per cercare di ripartire.
Un dettaglio però ha marcato il segno di questa visita. È stato un siparietto con una volontaria in sala. La signora ad un certo punto si è alzata ed ha interrotto Renzi per chiedere più attenzione al problema specifico su cui lavora la sua associazione a favore di persone colpite da una malattia rara. Una battaglia degnissima, un problema serio. La risposta di Renzi è stata chiara: non mi occupo del terzo settore prendendo un problema per volta. Così è stato forse finora, ma non funziona. Né, aggiungiamo, fa bene alle associazioni.
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