La prima cosa che magari ti chiedi ha a che fare con la quantità di acqua e ghiaccio che sono andati perduti nella viralità di ice bucket challenge. Ma se ne spreca tanta, almeno questa è per una buona causa.
La seconda riflessione, visto che siamo sempre in zona ferragosto, riguarda il cambiamento dei tempi: una volta i gavettoni erano roba da ragazzini, oggi paiono una cosa tremendamente impegnata.
Ma basta scherzare, e allora la terza è invece una domanda seria: a che pro? Cioè: a che serve tutta sta viralità e questo impegno inaspettato per la ricerca contro la sla?
Beh, la risposta è ovvia, serve a raccogliere fondi. Pochi pare, a vedere il rumore fatto, ma è presto per dirlo anche se la curiosità di sapere quanto tutti quelli che si sono dati delle secchiate in testa hanno donato satebbe molta.
Dunque ci tocca: osserviamo questa esplosione virale più da vicino.
A ben vedere la cosa si complica perché chi opera, diciamo così, nel sociale è sicuramente afflitto da una tempesta di considerazioni e dubbi che le ferie non hanno impedito di fare, anzi hanno amplificato.
La risposta, almeno per parte mia, è semplice: non sono riuscito a farmi un’idea positiva o negativa di questo fenomeno. E come accade per molti fatti sociali del nostro tempo, specie se hanno a che fare con la mediasfera, sono rimasto in definitiva con una perplessa impressione.
Certo è meraviglioso che milioni di persone si impegnino per una causa importante come la ricerca contro una malattia subdola come la sla. Però ce ne sono migliaia di altre cause, esistono molte malattie che rendono le persone con disabilità per cui muoversi. Che ce ne siano alcune di serie A e altre di serie B pare molto discutibile. Però è vero che questa ha funzionato, cosa impedisce alle altre di funzionare? L’intuizione? Temi che gli amici sociologi della comunicazione ci aiuteranno a capire.
Anche nella percezione sociale delle disabilità, e più in generale delle cause sociali, vincono i rapporti di forza, l’interesse politico e la rilevanza mediatica? È inutile negarlo, e chi opera nel nostro mondo lo è sa bene, la risposta è in parte affermativa.
Bene che se ne parli e in maniera così virale, ma siamo sicuri di non essere davanti ad un’enorme caricatura di un problema molto più ampio?
Se conosci il lavoro di associazioni che operano contro le malattie degenerative lo sai bene: fanno un lavoro politico, di raccolta fondi, di stimolo alla ricerca, assistenziale, di advocacy, sociale e culturale enorme e prezioso. Per loro, tranne che per alcune di quelle meritevoli e importanti che operano nel campo della sla, non si è visto un briciolo di visibilità in questo fiume di acqua ghiacciata.
Però lo sappiamo. Vedere un vero e proprio movimento di massa battersi per una causa così degna è comunque positivo: aver trasformato una baggianata pericolosa del tipo “nek nomination” in un grido globale è bello, sorprendente e importante.
Ma siamo sicuri che serva a cambiare qualcosa? Se veramente si è spostata una massa di denaro dalle tasche spesso sofferenti delle persone (non dalle istituzioni) per la ricerca, cosa succederà? Come verranno usati? È un problema che chi si ghiaccia e dona si sta ponendo? O fa figo donare venti o cento euro senza sapere niente altro?
Basta quello a dire che si sta facendo abbastanza per la ricerca e la salute delle persone? Sia chiaro: porre queste domande non è da snob ed è fin troppo facile attaccare l’effimero di questa moda virale. Inoltre, sono da rispettare le motivazioni che spingono le persone ad impegnarsi, anche in forme così “leggere”. Ma quando finirà l’estate e le docce gelate saranno impossibili, che cambiamento avremo generato?
E poi: senza i vip, molti dei quali sono attori economici e politici che decidono le sorti del mondo e quindi anche della ricerca scientifica e delle politiche sociali, cosa sarebbe successo? Le sfide del fund raising sono troppo importanti per essere tutte oscurate da una moda vip. Ci siamo capiti E anche qua lascio agli amici che si occupano di fund raising le opportune riflessioni.
Il protagonismo che va da Matteo Renzi al mio vicino di casa, da Jovanotti e Bill Gates al sindaco del piccolo comune italiano è il protagonismo di tutte le vittime di malattie terribili come la sla? Che voce hanno coloro che soffrono e sanno cosa significa non avere servizi adeguati e assistenza necessaria? Nessuna voce, anche perché la cascata di ghiaccio addosso è un atto così “prestazionale” da escludere, peraltro, molte delle persone che vivono con disabilità dal poterlo fare. Anche se va detto che è un gesto nato da chi vive la malattia addosso o da vicino.
Insomma, difficile negare che pare una grande e buona moda estiva un po’ scollegata dalla realtà. Una bolla dai risvolti ambivalenti. Per non parlare di decisori pubblici che si fanno la doccia in ciabatte mentre, almeno in Italia, le politiche governative per la non autosufficienza sono in coma profondo e gli enti locali, incapaci di innovare e che continuano a sprecare risorse con politiche inefficaci, sono sempre meno in grado di far fronte ai bisogni delle persone con disabilità.
Per carità, sono solo alcune delle contraddizioni tipiche dei fenomeni di massa del nostro tempo: così scivolosi ed effimeri da non lasciare nemmeno la possibilità di promuoverli o criticarli con semplicità; così fuochi di paglia da far rimanere solo l’idea di aver scaldato il mondo con quelle divertenti fiammelle.
Per questo ad alcuni lasciano appiccicata addosso un bel po’ di perplessità: perché è proprio così che si fa tanto rumore per dare l’impressione che il mondo stia cambiando, mentre rimane tutto esattamente uguale a prima.
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