Volontariato

Per non essere complici dei media

di Giulio Sensi

Il direttore di Internazionale Giovanni De Mauro mette i puntini sulle “i” della good news del momento, quella che parla del regalone di Mark Zuckerberg -il 99% delle sue azioni di Facebook- alla Chan Zuckerberg Initiative in occasione della nascita della figlia. E sottolinea come questo ente non sia una fondazione non profit, “ma una limited liability company, vale a dire una società privata che può generare profitti e che, come tutte le società private, è libera di fare investimenti di ogni tipo senza nessun obbligo di trasparenza. In più, donando azioni anziché soldi, non pagherà le tasse sull’aumento di valore delle stesse azioni”.

Come spesso accade, i media attaccano a notizie eclatanti come questa altre notizie. Lo fanno perché sono “di moda”, perché fanno tendenza. Allora si scopre che il mondo sarebbe fatto di filantrocapitalisti che stanno non solo colonizzando il non profit classico -ormai anacronistico-, ma pure prendendo il posto dello stato nel fornire servizi che diventano beneficienza.

Perché è vero che dove non ci sono scuole, solo per fare un esempio, costruire una scuola significa fare del bene. Ma pagare le tasse, tanto per fare un altro esempio, significa dare la possibilità ad uno Stato di investire anche nel sistema scolastico. Una questione tremendamente complicata.

Molto meno complicato è come noi recepiamo queste notizie. Tanto che sarà capitato anche a voi di sentir dire in questi giorni: “hai visto, anche quello di Facebook ha donato tutto in beneficienza”. E vi sarete chiesti di cosa camperà da ora in poi. Poi ci hanno raccontato che lo stesso hanno fatto i boss di Microsoft e Apple. Valutate voi che attinenza abbia tutto questo con la realtà dei fatti.

Di esempi come questi ce ne sono a tonnellate: una volta i media facevano a gara a non raccontare la verità perché magari disturbava qualcuno. Oggi è più frequente che i media facciano a gara a semplificare la verità, distorcendola, per arrivare più direttamente ai suoi fruitori. Per interessarli visto che non si interessano più di nulla. Per dare l’illusione alle persone che leggono un titolo di aver capito come funziona il mondo e magari di trovarci anche un posto loro in quel mondo.

Perché il mondo è tremendamente complicato e la complessità, si sa, non fa notizia. Troppo noiosa. Servono troppe parole. Prima da scrivere, poi da leggere. E infatti il senso comune è un circo di opinioni che qualsiasi prova dei fatti distrugge. A noi, e ai nostri saccenti profili social, l’arduo compito: non essere complici e scavare, farsi più domande e darsi meno risposte. Che sotto la superficie la notizia è sempre più vera. Ammesso che la verità ci interessi ancora.


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